Un documentario di Valerio Jalongo sulla crisi del cinema italiano
Di me cosa ne sai
Ricostruzione di cause ed effetti di una drammatica trasformazione.
di Marco Lucio Papaleo
“Immaginate che ogni museo del mondo esponesse in prevalenza solo arte statunitense: sarebbe assurdo, ridicolo. Eppure è quello che abbiamo permesso loro di fare col cinema.” (Ken Loach)
L'Italia è un paese denso di misteri. Uno di questi è il come, e perché, il cinema italiano sia passato, nell'arco di pochi lustri, dal rappresentare un'industria fiorente e un vero patrimonio artistico per il nostro paese, all'essere un agonizzante spettro del passato. Un cinema una volta osannato nel mondo ridotto ora a sopravvivere su pochi nomi noti delle commediole, con un settore esportazione ridotto drasticamente e sempre più ridotte possibilità di lavoro. Di me cosa ne sai, documentario di Valerio Jalongo scritto in collaborazione con diversi colleghi registi (tra cui Francesco Apolloni e Giulio Manfredonia) cerca di fare luce sulla situazione e ricostruire cause ed effetti di questa drammatica trasformazione. Ne viene spesso fuori, tramite numerosissime testimonianze di esperti ed operatori del settore, un quadro desolante, fatto di speculazioni economiche e politiche alle spese del nostro cinema. Triste anche vedere che, come si suol dire, “i tempi cambiano” e quindi i generi, i grandi autori e investitori, la tipologia di sale presenti sul nostro territorio scompaiono o siano costretti ad adeguarsi ai tempi moderni, perdendo gran parte della propria identità in accordo alla dilagante ideologia del blockbuster americano e della tv commerciale. Un'eredità pesante, che si ripercuote sulla cultura cinematografica del pubblico, come dimostrano i ragazzi che, intervistati davanti agli studi di Amici, non sanno chi sia Federico Fellini. Il documentario si rivela dunque interessante, ricco di testimonianze illustri e denso di spunti di riflessione: peccato che risulti in più parti dispersivo e non efficacemente montato, prediligendo un marcato approccio politico alla questione e non considerando il fenomeno nella sua interezza (non si parla, ad esempio, del cinema di genere successivo alla decadenza del grande cinema del dopoguerra). Consigliato a chiunque si interessi di cinema e cultura, ad ogni modo, seppure il film non sia perfettamente riuscito. Di un paese come questo c'è ancora quasi tutto da raccontare.