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Disamina antropologica di sangue e ferocia

Un Gelido Inverno

L'America minacciosa, ruvida e crudele che non conosciamo


di Roberto Leggio


Viaggio nel cuore nero dell'America rurale, dove regnano l'ignoranza, la violenza, l'omertà, la corruzione;all'interno di una comunità che vive con la raffinazione artigianale della cocaina. Un non-luogo, pianeta alieno, lontano dalle sfavillanti luci di New York o di Los Angeles. In questo contesto vive di stenti Ree Dolly, una ragazza di diciassette anni che ha in carica due fratellini più piccoli e una madre catatonica sull'orlo dell'autismo. Suo padre è scomparso nel nulla dopo aver ipotecato la casa come cauzione per uscire di prigione. Ma se non si presenterà al più presto al tribunale la casa verrà confiscata e la famiglia si ritroverà a sopravvivere tra i boschi, senza un tetto e senza nessuno disposto ad aiutarli. Di fronte a questa possibilità, Ree sfida l'omertà della gente e con molta caparbietà affronta le bugie, i sotterfugi, le minacce di parenti e amici, pur di scoprire la verità.


Indipendente fino al midollo, girato in digitale con la Red Camera (che da alla narrazione una visione di straniante realtà), il film di Debra Granik è un capolavoro a prescindere. L'America che dipinge (e che scruta nei suoi recessi più cupi) è un paese terrorizzante, dove il male sembra essersi impossessato della gente e della natura che la circonda. Tutto è freddo, distaccato, lugubre, da far sembrare il viaggio verso la verità di Ree una discesa agli inferi (la scena nella quale viene picchiata a sangue dalle donne brutte e cattive del luogo, è da manuale di antropologia), tanto l'atmosfera è squallida , opprimente e senza via di scampo. La violenza (fisica, verbale, psicologica) fa da contraltare alla ricerca spasmodica e carica di vero pathos di Ree, unico vero angelo nel buco nero dei monti Orzak (sperduto territorio del Missouri), che attraverso il suo sguardo duro e per niente “innocente”, riesce a comprendere le atrocità che hanno segnato quel microcosmo perduto e per niente rassicurante. La forza del film (tratto da uno spiazzante romanzo omonimo di Daniel Woodrell) è racchiusa nell'abile regia cruda e poetica insieme, ma soprattutto nel volto tenace di Jennifer Lawrence, attrice di grande smalto, che al secondo film è già candidata all'Oscar per la migliore interpretazione.

Giudizio ****



(Mercoledì 16 Febbraio 2011)


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