 Un’America fatta di spazi sconfinati e di pensieri tristi Gli americani fingono che "Stanno tutti bene" Si veste di nuovi contenuti il remake del film di Tornatore
di Pino Moroni Storia del viaggio di un vedovo in pensione, attraverso un’America senza più anima, per andare a trovare, a sorpresa, i suoi quattro figli, e scoprire che non sono né felici né affermati. A conferma che i due caposaldi del sistema di vita americano sono tramontati: la ricchezza e la felicità. Frank Goode (Robert De Niro) è un operaio americano che ha nutrito, vestito e fatto studiare quattro figli (due maschi e due femmine), sgobbando nel suo lavoro e sognando, per loro, carriere invidiabili. Il suo lavoro è stato rivestire chilometri e chilometri di fili della telefonia di PVC, materiale pericoloso che gli ha rovinato i polmoni. Tale lavoro non gli ha permesso anche di stare più vicino alla loro crescita. I figli si sono confidati più con la madre che ha tradotto per Frank la vita dei figli sempre in positivo. Ora Frank intraprende questo viaggio nostalgico alla scoperta dei figli cresciuti, soltanto in treno o in pullman.

La storia è il remake del film di Giuseppe Tornatore Stanno tutti bene (1990), con Marcello Mastroianni nelle vesti del padre. Film sceneggiato da Tonino Guerra, Massimo De Rita e dallo stesso regista. Ma il film attuale di Kirk Jones (Svegliati Ned) ha una valenza completamente diversa dal film italiano. È la stessa America, ormai divenuta incomunicabile, di Broken flowers di Jim Jarmusch. Una America che racconta il declino del self made man e della ricerca della felicità, con la crisi profonda dei sentimenti e dei valori tradizionali. Al di là dei Wall street e de Il diavolo veste Prada, dai nuovi film sta venendo fuori un’America dove i pensionati, che si sono dannati una vita per dare un futuro migliore ai figli, sono destinati ad una solitudine infinita senza più famiglia.

Un'immagine del film di Tornatore, con Mastroianni protagonista E per quanto riguarda le nuove generazioni il film fornisce una esauriente esemplificazione. I figli che hanno scelto la strada dell’arte finiscono nella droga senza diventare nessuno (il figlio David – Austin Lysy). Quelli che hanno fatto una carriera vivono separati dal marito, cercano un nuovo compagno e non hanno tempo per i figli (la figlia Emy - Kate Beckinsale). Quelli che sognavano i primi posti, non hanno ancora famiglia e navigano in una mediocrità silenziosa e solitaria (il figlio Robert – Sam Rockwell). Ed infine quelli che hanno intrapreso la via dello spettacolo, si ritrovano con figli a carico, senza marito ed una compagna dello stesso sesso (la figlia ballerina Rose – Drew Barrimore).

Le parti più belle del film sono quelle sui panorami più diversi (il protagonista va a New York, Chicago, Denver e Las Vegas) visti dai treni e dai pullman, attraversati sempre dai fili del telefono (rivestiti da Frank), con le voci dei figli fuori campo che parlano tra di loro del padre. O Frank che ricorda momenti familiari con i figli piccoli ed i suoi consigli per avere una vita felice e di successo, quando ancora si viveva in una società opulenta e facile. Un’America fatta di spazi sconfinati con i pensieri ed i ricordi intimi del protagonista, ed i suoi colloqui con le persone semplici e sincere in cui ancora cercare la comprensione umana. In questi momenti il film si avvicina alla nostalgia poetica del film di Tornatore e soprattutto di Tonino Guerra.

Il finale consolatorio vede Frank Goode riunire a Natale, nella sua casa, la sua famiglia, con un’ombra di tristezza per la perdita di David, l’artista, il cui quadro campeggia sulla parete del salotto buono.
Il tramonto dell’american dream ha portato gli americani a non volersi più dire la verità ed a fingere che ancora "stanno tutti bene".
(Mercoledì 17 Novembre 2010)
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