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Le aspettative deluse di un buon padre americano

Stanno tutti bene

On the road paterno e sentimentale


di Roberto Leggio


La verità corre sul filo, lungo la linea telefonica (portatrice di buone o cattive notizie) che Frank Goode, per tutta la vita, ha ricoperto di PVC per garantire ai suoi quattro figli una vita migliore. Gli stessi che, ad uno ad uno, gli negano una riunione di famiglia, qualche mese dopo la morte della loro madre. Frank, contro il volere del medico, si intestardisce di andarli a trovare ad uno ad uno per riaprire un dialogo con loro, viaggiando in lungo ed in largo per gli Stati Uniti, con la certezza di avere allevato quattro “arrivati”. Invece, scoprirà per ognuno, una “falsa” realtà, che gli farà comprendere come le sue aspettative di genitore siano state disattese solamente per non deludere le sue esigenze. Sebbene la storia sia più o meno la stessa, un genitore che si incaponisce di riabbracciare i suoi figli sparsi ai quattro lati di un’Italia felliniana, grottesca e piena di cliché; questo remake americano (diretto da Kirk Jones) del film di Giuseppe Tornatore, contiene forse più amarezza e accettazione di una “disfatta” paterna.


Al posto di Marcello Mastroianni c’è Robert De Niro, un uomo che ha passato una vita a farsi sentir dire dalla moglie che “tutti stanno bene”, in quanto le sconfitte dei propri figli sono di riflesso la sua sconfitta. Così, il pittore nei guai con la giustizia, la pubblicitaria realizzata nel lavoro ma non nel matrimonio, il direttore d’orchestra che invece è un oscuro timpanista e la ballerina gay con figlia, sono quanto meno la metafora del difficile rapporto tra genitori e figli. Frank attraversa gli Stati Uniti, più o meno alla stessa velocità, in cui le verità rimbalzano da figlio a figlio e da telefono a telefono, facendogli comprendere quanto abbia sbagliato a non aver avuto un dialogo aperto e sincero con i propri famigliari, volutamente allontanatasi da lui. Il film non prende molto le distanze dall’originale, anzi se vogliamo è una sorta di aggiornamento (lì l’Italia delusa da anni di rampismo, qui un’America che sembra aver perso il proprio centro), dove gli incontri “casuali” (le signore sul treno, il camionista, il vecchietto al bar) rendono più umana l’odissea di Frank alla “scoperta” dei figli. Il malinconico finale di Tornatore, qui si stempera in un americanissimo happy end, che vuole la famiglia riunita davanti ad un evocativo tacchino pacificatore. Un neo in più in un’opera riuscita a metà.

Giudizio **



Un’America fatta di spazi sconfinati e di pensieri tristi
Gli americani fingono che "Stanno tutti bene"
Si veste di nuovi contenuti il remake del film di Tornatore



(Martedì 16 Novembre 2010)


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