 All’interno di un sogno ad occhi aperti Inception Onirico thriller del subconscio
di Roberto Leggio Sogno dentro sogno dentro sogno. In un prossimo futuro (ma quanto?), lo spionaggio industriale si avvarrà di ladri di “memoria”. Il migliore è Cobb, esperto assoluto nell’estrarre preziosi segreti dalle menti di uomini potenti, sul quale pende l’accusa di aver ucciso la moglie “letteralmente” persa in un sogno ad occhi aperti. L’occasione per tornare in “libertà” gli viene offerta da un milionario giapponese che gli propone una sfida estrema: impiantare un “ricordo” nel cervello di un concorrente. Per poter tornare ad abbracciare i propri figli, l’uomo accetta e mette assieme un team di esperti, ognuno con un compito preciso per entrare nella mente della vittima e manipolarla. L’impresa sarà un viaggio a scatole cinesi nei più profondi meandri dell’inconscio.

Prendendo spunto dalla “inesauribile” capacità della mente umana di “architettare” luoghi e situazioni oniriche, Christopher Nolan ci immerge in un thriller labirintico e spiazzante, nel quale il paradosso è l’unica via di fuga. Girato con maestria e molta “concettualità” (merito di un montaggio sincopato di folgoranti cambi di scena ogni qualvolta che ci si inabissa nel sogno di qualcun altro); Inception è un mega videogame cerebrale così complicato (e suggestivo) da meritare almeno un paio di visioni in più. Perché magari ogni volta potremmo scoprire nuovi spunti e congetture sul sogno o sulla realtà del sogno. Oppure di un incubo il quale noi stessi abbiamo creato.

Troppi sono infatti i piani di lettura e molti sono i livelli del subconscio nel quale i protagonisti (e noi come spettatori) dobbiamo attraversare per giungere a districare la non linearità della trama. La forza visiva della messa in scena è infatti costruita sul come i personaggi costruiscono i loro sogni. In questo modo ogni concetto di narrazione viene scardinato ed è facile perdersi negli infiniti labirinti del racconto. E’ indubbio però che con tutte le sovrastrutture della finzione (strade che si accartocciano, corridoi che si espandono e realtà che perdono – o aggiungono – dimensione; nemici che aumentano con l’inabissarsi del subconscio) si viene facilmente travolti da questa “opera” onirica e lisergica. Perché anche se alla fine ne usciamo con il mal di testa, lo scopo della vicenda è racchiuso in una frase del film “Si viene qui per svegliarsi e non per addormentarsi”. Simbolica metafora sulla vera natura del sogno e della sua iper-realtà.
Giudizio **1/2

(Giovedì 23 Settembre 2010)
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