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Cronache e recensioni del nostro inviato a Venezia

Triste e complicata è la vita del critico.

Film deludenti e problemi atmosferici....


di Francesco Castracane


Triste e complicata è la vita dell’accreditato a Venezia. Ieri un nubifragio sembrava volesse allagare il festival. Nel Palabiennale, la pioggia è giunta proprio mentre nel tristissimo film giapponese in concorso “Norumei no mori (Norvegian Wood)”, pioveva. Il pubblico è stato attraversato da un brivido: non è che cade il tendone? Ad essere sinceri è stato l’unico momento di vitalità della proiezione. Il film è tratto da un libro di Haruki Murakami del 1987. Il romanzo è stato pubblicato in Italia con il titolo di “Tokyo Blues”, probabilmente per inseguire la scia del successo dei romanzi della Yoshimoto. Watanabe, il protagonista, ricorda un episodio avvenuto 17 anni prima. L’incontro casuale con Naoko, la fidanzata di Kizuki, il suo unico amico morto suicida pochi mesi prima. Dopo qualche tempo si fidanza con Naoko ma la storia non funziona e a un certo punto lei impazzisce, nel frattempo lui si mette con la sua migliore amica, reduce da una serie di lutti familiari. Insomma, una storiella allegra, tanto per non perdere il buon umore. Un film che avrebbe potuto essere interessante, anche perché il libro, per quanto minimalista, è di ottima scrittura. Ma la pellicola ha molti difetti: un uso eccessivo della voce fuori campo e un eccessivo manierismo che rende il film in alcuni momenti piuttosto sgradevole e algido.

Una scena di "Norvegian Wood"



Ma torniamo alle disavventure del povero accreditato: tutta la mattina è stata persa in file chilometriche per entrare in sale dove poi alla fine non si è riusciti ad entrare. Dopo essermi messo in fila alle 14,45, finalmente sono riuscito ad entrare alla proiezione delle 15,30 per vedere “Malavoglia” di Pasquale Scimeca, preceduto da un cortometraggio di 8 minuti di Guillermo Arriaga, “El pozo”. Straordinario e intenso, anche se crudele, il lavoro del regista messicano, che in pochi minuti descrive una tragedia personale sullo sfondo di importanti eventi storici. Una macchina che mostra coraggiosamente le rughe, le facce sfatte e un deserto che asciuga le anime.
Interessante ma non appassionante il film di Scimeca, “Malavoglia” una rilettura moderna del lavoro di Verga. Troppi luoghi comuni con una rappresentazione più che verghiana, deamicisiana. Va riconosciuta, d’altra parte, al regista una capacità nel muovere la macchina e nel cercare dei punti di vista diversi, che lo fanno apprezzare soprattutto per i tentativi di riorganizzare lo spazio filmico in maniera originale. A queste immagini si accompagna per altro un bellissima colonna sonora, la cui massima espressione è un pezzo di musica sulla quale vengono inserite frasi del nonno, canzone che poi avrà successo e cambierà il destino di questa famiglia.
Del breve cortometraggio di Roberto De Paolis “Bassa Marea”, non c’è molto da dire. Un apertura interessante, e i primi cinque minuti che rendono molto bene l’idea di straniamento che può vivere un qualsiasi abitante di una grande città. Ma poi la storia di banalizza e si perde in un percorso un po’ troppo autoreferenziale. Misteriose presenze di 126 bianche e esterni interessanti, lontani dalle solite location patinate.
Piuttosto deludente l’ultimo film della giornata: “A woman” di Giada Colagrande. Nonostante la presenza del marito, l’affascinante Willem Defoe e della bellissima e bravissima Jess Weixler, il film non decolla. Non è un thriller, non è un film d’amore, non è neanche una riflessione sulla reincarnazione. Qualcuno, ha parlato della rievocazione della Rebecca di hitchcockiana memoria. Eviterei paragoni così azzardati. Alle volte è meglio approcciarsi con maggiore umiltà ad una storia e cercare di dare un senso a ciò che si vuole rappresentare, evitando di disperdere il proprio talento in mille rivoli. Non sempre essere mogli di un grande attore rende brave registe.

Una scena de "Malavoglia"


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(Lunedì 6 Settembre 2010)


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