 Conferenza stampa su “The prisoner” Jim Caviezel, “bisteccone” irlandese di Washington RomafictionFest 2010
di Pino Moroni 
È arrivato con la sua camminata strana e posata, da noi conosciuta, come quella del “bisteccone” americano, visto in tanti film Hollywoodiani. Quando noi eravamo ancora secchi, dopo la guerra, e gli americani avevano già la carne in scatola, la cioccolata ed i frigoriferi per conservare le bistecche. L’erede di Gary Cooper e John Wayne, di Stuart Whitman e James Garner.
La prima domanda dell’intervista alla Conferenza stampa del Romafictionfest é stata perché dopo aver fatto buoni film, come La sottile linea rossa di Terence Malik o The passion di Mel Gibson, sia passato alla fiction. Candidamente ha sciorinato la favola che lui sceglie sempre, tra quelle che gli presentano, le cose migliori. E così per questa fiction ha trovato autenticità nel materiale fantastico che gli avevano presentato. Ha aggiunto che cerca di fare cose che si ricorderanno anche tra 50 anni.
Ma prima di andare avanti si può spiegare che The prisoner è stato ispirato da una serie televisiva (17 puntate) del 1967, ideata e prodotta da Patrick Mc Goohan. Il personaggio di “The prisoner” è uno smemorato che arriva in un villaggio misterioso, con gente che ha per nome solo dei numeri e vive una vita all’apparenza normale e felice, ma in fondo sotto controllo e quasi disperata. Un capo villaggio (Numero Due), misterioso e mellifluo, ma autoritario, regola la vita di tutta la gente del villaggio. “The prisoner" del regista Nick Harren è stato girato in Namibia in 35 mm e prodotto per la TV dagli ITV - AMC Studios di Londra. È solo un lungo film di sei ore, con un inizio, un plot centrale ed una conclusione.
Alla domanda su un parallelo tra le due fiction, Jim Caviezel, ha risposto, (come tutti gli attori di oggi che vogliono capire bene quello che fanno…), che non ha visto il primo film né mai conosciuto Mc Goohan, e che entrambi debbono molto a 1984 di Orwell (come suggerito dagli intervistatori). Ma ha spiegato che, mentre nel 1967 c’era una critica alla società sovietica fatta non di persone ma solo di numeri, la presente riduzione è un'opera allegorica sulla vita di tutti i giorni. Con gli attentati, la corruzione, il potere delle multinazionali, le telecamere ed un controllo dell’individuo attraverso i numeri della sicurezza sociale, delle carte di credito, ecc..
Sui suoi rapporti con Ian Mc Kallen, l’attore che interpreta il Numero Due, ne ha fatto un ritratto più che lusinghiero: genuino, rispettoso, talentuoso, e recita così da tanto tempo che non c’è altro che da imparare da lui (non si è visto ndr).
Alla domanda se si è battuto contro le proposte di legge contro la religione cattolica ha risposto che è irlandese cattolico ed è cresciuto a Washington, dove lo consideravano pazzo perché voleva fare l’attore. Ha comunque pregato di parlare della fiction o, a scelta, dei Los Angeles Lakers.
Ha raccontato poi una "cosa mistica" successa a lui mentre girava “The passion” in Italia: quando fu messo sulla croce aveva un dolore nel fianco, forse polmonite, ma ha resistito e sofferto molto, e così si è liberato delle sue paure, ha perso molto peso, ma è diventato più forte.
Visto che tutti i giornali hanno parlato delle sue visite romane, gli è stato chiesto perché lo avrebbero portato a vedere la villa dei Quintili, ma a questo punto “il bisteccone Washingtoniano” ha voluto parlare di arte, inanellando una serie di castronerie su Michelangelo, la Cappella Sistina, ecc.
Ci ha comunque complimentati per le bellezze di cui siamo circondati e perché ridiamo con gli occhi e dopo, un «Viva l’Italia», gli piacerebbe molto un western all’italiana. Un altro remake?
(Martedì 6 Luglio 2010)
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