 Opera prima del’israeliano Oren Moverman Oltre le regole – The messenger Un piccolo gioiello da gustare a mente sgombra
di Samuele Luciano Che cosa succede a casa mentre i nostri cari sono al fronte? Cosa accade negli States mentre i suoi frutti acerbi, maturati/addestrati dalle scuole militari, danno la loro vita per la Patria? Forse uno dei primi e più validi registi a chiederselo è stato Micheal Cimino col suo “Il cacciatore”, un film che non analizzava tanto la guerra sul campo di battaglia, quanto da casa, dal punto di vista di chi sopravviveva o non era partito affatto. Oggi i tempi sono cambiati, ma le guerre sostenute dal paese più potente del mondo non sono poi così differenti da quel memorabile fallimento in Vietnam. Continuano dunque ad esserci le guerra, ma stavolta in nomedella pace, ma in quanto guerre comportano vite spezzate e brutte notizie da recapitare alla famiglia. I messenger sono quei soldati che ce l’hanno fatta, per modo di dire, a portare salva la pelle a casa e che ora hanno il dolente compito di comunicare la morte dei commilitoni ai rispettivi parenti. I rischi sono tanti: si può beccare un familiare nervoso che può aggredirti, ci si può commuovere nel dare la notizia e quindi perdere il controllo, o addirittura innamorarsi di una di loro...

L’israeliano Oren Moverman ha fatto vita militare nel suo Paese d’origine per 4 anni e alla sua opera prima da regista (è stato l’autore della sceneggiatura di “Io non sono qui”) decide di non allontanarsi dalla sua esperienza personale. Il regista ci parla di guerra con la perizia di chi ci è passato e con la delicatezza di chi rispetta i caduti quanto i sopravvissuti. Attraverso gli occhi del sergente Montgomery (interpretazione molto sentita del giovane Ben Foster) assistiamo al dolore intestino di un Paese che deve per forza occuparsi dell’intero mondo e che per questo spezza il suo popolo in due: quelli che vanno a occuparsene, morendo o impazzendo e quelli che restano a casa davanti alla tv, ad aspettare bare avvolte da una bandiera. Lo stress di questo destino tutto americano è evidente sia nella silenziosità di Montgomery, che nel cinismo del suo compagno, il capitano Tony Stone (Woody Harrelson). Il film sviluppa nel suo corso il tema dell’amicizia in quello che oggi è un contesto sociale sempre più amaro e disilluso, e stavolta la pianta del legame amicale non cresce sulle comuni passioni o sulle bravate da maschiacci in uniforme, ma su qualcosa di più serio e profondo: la morte. Un piccolo gioiello da gustare a mente sgombra. Woody Harrelson, un tempo assassino nato, porta ora le condoglianze a vedove e orfani, ma non rinuncia ad una buona dose di sarcasmo e gigionerie. La candidatura all’Oscar spetta più di tutti a Ben Foster.
giudizio: * * *

(Martedì 20 Aprile 2010)
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