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La violenza “mentale” per scuotere le coscienze

Cella 211

Film ad alta tensione più “intellettuale” che fisico


di Roberto Leggio


Sposato ed in attesa di diventare padre, il bel giovane Juan vuole fare colpo su i colleghi e si reca in visita del carcere nel quale prenderà servizio il giorno dopo. Durante il sopralluogo del calcinaccio gli cade sulla testa (e metafora delle metafore) tutto il suo mondo gli crolla addosso. Perché nello stesso istante scoppia una rivolta tra i carcerati, così i “secondini” che sono con lui lo abbandonano nel “vuoto” della Cella 211. Ripresosi nel marasma generale, quello “nuovo”, per salvarsi la pelle, si libera di qualsiasi cosa possa insospettire (telefonino, portafoglio e lacci), facendosi passare per un condannato per omicidio. Il capo della rivolta, il carismatico Malamadre, sulle prime non ci crede, poi però vedendo che il ragazzo è così recettivo da dare delle dritte giuste per le richieste dei rivoltosi, inizia a fidarsi e tra i due sarà un continuo testa a testa per il comando degli “ammutinati”. La rabbia (e l’invidia) vincerà sull’istinto di sopravvivenza. Ed uno solo verrà “ricordato”sul muro.


Il genere carcerario è sempre un po’ difficile da maneggiare. E’ come una bomba ad orologeria che deve seguire un suo ticchettio per poter scoppiare al momento giusto, cercando di fare più “danni” collaterali possibili. Qui lo spagnolo Daniel Monzon, regala grande cinema clastrofobico, sporco e cattivo, dove nessuno è dalla parte giusta. Anche perché, al contrario del “pulitino” cinema americano di genere, tutto va contro le regole e si tifa da subito per i rivoltosi, cani alla catena contro le istituzioni, incapaci di gestire la situazione sia dentro che fuori. Film ad alta tensione, con azzeccati colpi di scena e rimandi politici (i tre dell’Eta non fanno bene a nessuno) e civili (la condizione delle carceri spagnole). Facce giuste e rabbia compressa. “La galera è una versione Mp3 del mondo esterno”; dice qualcuno. Probabilmente è così. Pioggia di Premi Goya e un predicato di remake hollywoodiano, già ripudiato dagli autori. Nessuno può essere più perfetto di Luis Tosar nel ruolo del rabbioso Malamadre, totalmente ansiogeno per l’imprevedibilità delle sue azioni da creare un
a incredibile empatia con il pubblico. Cosa quasi impossibile per il cinema d’oltreoceano.


Giudizio ***

La matita di stagno e gomma prodotta nel carcere di Rebibbia
Stic
Gadget del film "Cella 211" di Daniel Monzòn



(Lunedì 19 Aprile 2010)


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