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Intenso e quasi spirituale documentario di Alberto Fasulo

Rumore bianco

Sul fiume Tagliamento


di Francesco Castracane


“L'acqua conserva la memoria di chi incontra L'acqua è l'anima dei fiumi Il suo suono si chiama Rumore Bianco”

La citazione iniziale è la seconda didascalia presente in apertura di questo interessante e per certi versi spirituale documentario sul fiume Tagliamento, 170 km. di nastro blu che dalle Alpi si spinge fino all'Adriatico che ha vinto numerosi premi (Premio Miglio al Ischia Film Festival nel 2009, Premio Colli all'Euganea Movie Movement nel 2009 e Menzione Speciale al Sciacca Film Festival nel 2009). Il regista Alberto Fasulo ha costruito un documentario particolarmente riuscito e fuori dagli schemi classici del genere.
Il Tagliamento è il fiume della Carnia, regione cara a Pasolini, che vi dedicò degli aspri versi in friulano. “Sera imbarlumida, tal fossal/a cres l'aga, na femina plena/a ciamina pal camp/Jo ti recuardi, Narcis, ti vèvis il colòur/da la sera, quand li ciampanis/a sùnin di muàrt. Sera luminosa, nel fossato cresce l'acqua, una donna incinta cammina per il campo. Io ti ricordo, Narciso, avevi il colore della sera, quando le campane suonano a morto.
Il documentario si apre con una lunga carrellata da sinistra a destra, che supera un cartello e si ferma su degli studiosi che guardano il fiume dall'alto. Ovvero, guardano quello che rimane del Tagliamento. Si vede il letto quasi completamente vuoto, attraversato da stretti rivoli d'acqua.
Il movimento della macchina iniziale, vuole essere quasi un simbolico accompagnamento al viaggio lungo il fiume, che parte dall'alto delle montagne fino a raggiungere il mare.
Questo spostarsi seguendo la corrente, invita chi guarda a mettersi in viaggio assieme al regista, osservando senza un filo conduttore ciò che avviene lungo le sponde. E una passeggiata nello spazio, ma anche nel tempo. Il racconto inizia dalle montagne, con gli abitanti che hanno un rapporto stretto con l'acqua e con dei ritmi legati allo svilupparsi delle stagioni. La gallina uccisa mentre il gatto di casa aspetta gli avanzi, le due anziane che parlano della morte, il rito del funerale in una piccola Chiesa, indicano quasi un tempo fermo, immobile, dove però nello stesso momento esiste un rapporto stretto con l'acqua. Il fiume è vissuto come fiume.



Invece, più si scende verso valle e più il Tagliamento sembra perdere il proprio ruolo centrale per divenire semplicemente un luogo dove scorre l'acqua. Inserite nelle immagini del presente ci sono immagini di repertorio. Durante la prima guerra mondiale, la parte settentrionale del fiume coincideva con la parte centrale del fronte, mentre il resto del suo corso era la seconda linea di difesa fino alle foci dell'Isonzo. Dal 27 ottobre al 4 novembre 1917, si svolse la battaglia del Tagliamento, che consentì alle armate italiane disfatte di attestarsi lungo il Piave. Le immagini di repertorio, agghiaccianti nel loro verismo danno il senso di quello che fu quella battaglia. Altre immagini mostrano i bombardamenti della seconda guerra mondiale e poi ancora quelle delle alluvioni.
Il documentario rappresenta sia un viaggio nella geografia come nella storia. Il regista in alcuni momenti, quando mostra lo scorrere del fiume, lo scioglimento dei ghiacci, i pesci che si muovono sul fondo di acque limacciose, sembra essere molto influenzato dall'estetica di Piavoli. Ma a queste immagini se ne contrappongono alcune di stampo completamente diverso, come ad esempio l'entrata nelle viscere della centrale elettrica, che sembrano uscire direttamente da un film di fantascienza e che colpiscono per l'impatto visivo.
Insomma, un'opera degna di nota, anche per la sua destrutturazione e l'assenza di un filo conduttore chiaro. Ma proprio questo punto che sembra essere un punto debole è un punto di forza: raccontare un fiume, la sua storia, il suo vissuto allo stesso modo di come lo racconterebbe un vecchio abitante del luogo, magari giocando a carte e bevendo un quartino, che ha tante cose da raccontare a chi le vuole ascoltare.
Una sorpresa sono gli ultimi tre minuti del film, che permettono una esperienza percettiva intensa: uno schermo nero e il rumore che provoca lo scorrere del fiume, registrato attraverso un microfono immerso nell'acqua. Il rumore bianco appunto. Chissà se ogni fiume ha il suo.



(Lunedì 22 Marzo 2010)


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