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![]() Quello che resta… di Peter Jackson Amabili Resti Aggiustare il presente dal paradiso “privato” di Roberto Leggio ![]() Suzie Salmon (come il pesce) è una ragazzina di quattordici anni che sogna di diventare fotografa, amare il ragazzo più bello della scuola, crescere e fare tutte le esperienze che la vita vorra darle. I suoi desideri però si infrangono quando un vicino di casa la violenta, la uccide e la fa a pezzi, nascondendo “quello che resta” in una cassaforte. Suzie Salmon (come il pesce) si ritrova nel suo bel acquario privato, cioè un paradiso personale, dal quale osserva dall’alto il dolore dei suoi genitori e la lenta disgregazione della famiglia, sperando in una vendetta senza però poter intervenire. Un ghiacciolo farà giustizia. Solo allora avrà capito il senso degli “amabili resti” che ha lasciato sulla terra. ![]() Alla base c’è un romanzo di un paio di milioni di copie, scritto di getto da Alice Sebold per esorcizzare lo stupro avvenuto a quattordici anni. L’omicidio come metafora della violenza subita, il limbo come ricerca di una vita normale. Nel film di Peter Jackson, la perdita dell’innocenza e la presa di coscienza (per l’omicidio, la soddisfazione dell’assassino e la sua iperscrutabile naturalezza), viene stemperata in una favola dai colori cangianti, nella quale la protagonista (si) ci accompagna in un percorso di maturazione pieno di simbolismi. Il gazebo “pensatoio”, il faro “dell’inconscio” (e della “tenebra”), le navi in bottiglia che infrangono le certezze di suo padre. Il regista del Signore degli Anelli, cerca di rimettere a fuoco (ricreare) il mondo fantastico di Creature del Cielo (lavoro che lo sdoganò ad autore di rango), ma resta sospeso in una dolciastra terra di mezzo new age troppo sentimentale. ![]() L’elaborazione del lutto e le sue devastanti conseguenze, rimangono così imbrigliate in un film (im)perfetto e non eccezionale. Forse perché Jackson e i suoi sceneggiatori per dare più “agilità” alla trama, anticipano se non addirittura posticipano alcuni importanti eventi del romanzo, modificando in qualche modo la linearità della narrazione. Quello che resta è un buon film di attori (tutti in parte ad iniziare dall’assassino della “porta accanto” Stanley Tucci – candidato all’oscar come attore non protagonista – e Susan Sarandon nonna hippy sempre con la sigaretta in bocca), ma questo non basta per una storia che vorrebbe innescare una profonda riflessione sui sopravvissuti ad un dolore intollerabile. Ma è abbastanza per garantire quella buona dose emotiva per un thriller “dell’anima”.
(Venerdì 12 Febbraio 2010) |
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