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L'ultimo documentario di Ermanno Olmi

Rupi del vino

Presentato al Festival del Cinema di Roma - Sezione Altro Cinema – Extra


di Francesco Castracane


"Cinque sono i motivi per bere: l'arrivo di un amico, la bontà del vino, la sete presente e quella che verrà, e qualunque altro". Questa frase, letta dallo stesso Olmi e riferita Papa Martino V, che la enunciò nel 1431, conclude questo eccellente documentario del maestro Ermanno Olmi, presentato al 4° Festival del Cinema di Roma all’interno della Sezione Altro Cinema – Extra. Esso giunge dopo “Terra Madre”, altro interessantissimo documentario sul tema del “cibo (e) sulle sue implicazioni economiche, ecologiche, sociali ad esso correlate".
Successivamente alla realizzazione del suo ultimo film “Centochiodi”, il regista aveva annunciato la sua intenzione di non girare più film ma solamente documentari. Con questa decisione Olmi torna alle sue origini, quando nel periodo fra il 1953 e il 1961 girò circa 40 documentari per la Edisonvolta.
Girato totalmente in Valtellina, è costato 600.000 euri ed è stato finanziato dalla Banca Popolare di Sondrio, dalla Fondazione ProVinea ONLUS, dalla Provincia di Sondrio e dalla Fondazione Cariplo.
L’intento è quello di ottenere dall’UNESCO il riconoscimento dei panorami e del territorio della Valtellina come patrimonio dell’umanità e come testimonianza viva di una viticultura la cui tradizione risale al 1400. Il regista ha frequentato dalla primavera fino alla vendemmia in questa provincia lombarda, usando come riferimento il percorso tracciato dal racconto di Mario Soldati “L’avventura in Valtellina”. Olmi ha parlato con gli abitanti, coinvolgendo le persone del posto e rappresentando quindi non solamente gli ambienti ma quasi lo spirito del luogo.


Immagini stupende, semplici e rigorose, che seguono il ritmo della natura assumendo il concetto di circolarità del tempo, caratteristica della concezione contadina dello scorrere delle stagioni. La scelta di iniziare il racconto dalla primavera per concluderlo in autunno è in questo senso significativa. E racconta anche di una storia molto interessante: quella dei contadini che da secoli scavano la roccia per costruirvi dei terrazzamenti e piantarvi delle viti. E’ una cultura antica, ricca di competenze acquisite con l’esperienza e sperimentate da secoli di rapporto costante con la montagna. Olmi ci accompagna nella conoscenza di questa cultura anche attraverso un antico manoscritto, “Ragionamenti d’agricoltura” di Pietro Ligari, pittore valtellinese che dopo avere viaggiato molto come pittore, nel 1727 si stabilì definitivamente in Valtellina dedicandosi alla coltura della vite. Si scopre che esistono circa 2500 chilometri di terrazzamenti che producono un ottimo vino.
Insomma, un omaggio del maestro Ermanno Olmi non solo alla Valtellina ma alla civiltà contadina, elemento costante delle tematiche del regista nello sviluppo della sua filmografia.
In tal senso può essere utile la nota presentata dallo stesso regista al momento della presentazione di “rupi di vino”:
“Valtellina, vigne e vini. Chi fra noi, cittadini comuni, ha ancora un rapporto diretto e partecipe col mondo del vino? Credo, ormai, solamente quei pochi che il vino lo coltivano, ne curano i frutti e lo producono. Per il cittadino comune, ossia il cittadino metropolitano, l’approccio al vino è con gli scaffali espositivi: la bottiglia da rigirare tra le mani, anche se dall’etichetta non si capisce molto. Qualcuno, con ingenua curiosità, espone il vetro in controluce per vedere trasparenza e colore del contenuto. Chissà.In passato, invece, non era così. Il momento del vino, nella mia infanzia contadina, era vissuto con partecipazione diretta al rito che ogni anno puntualmente si ripeteva e perpetuava a cominciare, appena fuori dall’inverno, dalla preparazione della vigna con la cura dei tralci e della zolla. E poi in primavera, quando le mani del vignaiolo frugavano con dolcezza nel fitto del fogliame dove spuntavano i primi grappoli ancora minuti come neonati. Prossimi all’autunno, ogni giorno si scrutava il cielo e si invocava l’aiuto divino perché la burrasca e la temutissima grandine non rovinasse il raccolto. E finalmente la vendemmia.
Mani addestrate e agili coglievano grappoli ricchi di umori della terra e vigore del sole, dai chicchi turgidi di succo e di luce.
E mentre si colmavano cesti in contentezza, dai filari delle vigne salivano canti di festa quasi si compisse il rito di ringraziamento per un premio meritato. La pigiatura era festa per tutti: augurio di abbondanza e rassicurazione di sopravvivenza.
Il vino è l’immancabile offerta all’ospite, un invito alla compagnia, alla pacifica convivenza. Il vino è alimento e insieme sostanza di sacralità”
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Ermanno Olmi, come grande autore, ci saluta
Un omaggio ad un mondo in via di estinzione, tanto naturale che umano, fatto di ore felici, di solidarietà e di semplicità.



(Venerdì 23 Ottobre 2009)


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