 Un ritorno in grande stile di Sam Raimi al genere horror Drag me to hell Magia nera condita con indemoniati e stile gotico
di Mirko Lomuscio Sam Raimi (La casa) abbandona per un attimo le avventure di Spider-man e torna alle orgini della sua cifra, per portare sullo schermo un prodotto di tensione che conferma il suo talento particolare nel genere horror. E mai tale ritorno è stato così ben gradito: Drag me to hell è una storia di demoni e magia nera che farà saltare dalla sedia più di uno spettatore ma che saprà anche far strappare qualche sorriso al resto della sala. La trama prende inizio in una banca, dove nel reparto prestiti lavora la giovane e ambiziosa Christine Brown (Alison Lohman), una ragazza dedita al suo lavoro ed in cerca della tanto desiderata promozione. E' innamorata del suo ragazzo Clay (Justin Long) ed ha uno stile di vita tranquillo ed armonioso ma un giorno, sventuratamente, fa la conoscenza della signora Ganus (Lorna Raver), un’anziana donna di origine zingara che viene a chiedere un prestito nell’ufficio di Christine. Trovatasi costretta a dover rifiutare la richiesta, la giovane verrà ben presto maledetta e la Ganus le lancerà un maleficio che la ossessionerà per il resto dei suoi giorni. Da questo momento la bella Christine sarà ossessionata da visioni continue e demoniache presenze che non la lasceranno perdere nemmeno un secondo. L’unico modo per salvarsi è fare ricorso alla magia nera.

Per il suo ritorno al genere horror Raimi usa uno sguardo classico, che strizza l’occhio al cinema di vent’anni fa, mischiato ad una ironia continua che rende l’intera operazione molto più originale di quel che possa sembrare. Infatti, a prima vista Drag me to hell può sembrare un mero film horror fatto di spaventi continui e scene deliranti, ma in verità è una commedia nera che sfocia nel macabro con uno stile che solo il genietto della saga di Evil dead poteva saper adoperare. La visione avanza con ritmo sfoggiando una caterva di scene cult e disgustose create con quel sano modo di saper spaventare che si usava fare negli anni ’80. Poi Raimi si autocita e infila qualche personaggio indemoniato stile La casa, tanto per far gradire ai suoi affezionati il suo ritorno nel genere. Costringe la Lohman (Big fish-Le storie di una vita incredibile) ad intraprendere una serie di scene al limite del cattivo gusto, tanto per creare quel sarcasmo che tanto aiuta a certo cinema di genere. Ben fatto Drag me to hell è un film vivamente consigliato. Un viaggio nel cinema horror come ormai da tempo non si vedeva, con un senso dell’estetica che vira verso il gotico e un’arte della narrazione (script a cura del regista stesso assieme al fratello Ivan) che porta a fine visione il suo sano messaggio sociale, elemento che non fa mai male alla valutazione artistica di un horror.
giudizio: ***

(Venerdì 4 Settembre 2009)
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