 "Scelgo i ruoli facendomi guidare dall'intuito" Isabelle Huppert A Roma per presentare "L'amore nascosto" di Alessandro Capone
di Oriana Maerini Roma. Vedendo Isabelle Huppert si capisce cos’è il fascino femminile. Non bellezza assoluta, ma incantesimo di personalità. Corpo minuto, viso regolare ma al contempo algido e appassionato. Nordica nei colori (lentiggini, capelli) ma struggente nell’espressione del volto dalla quale trapela un’interna e controllata inquietudine. L’affascinante Isabelle è certamente, ancora oggi, la stella più brillante del firmamento cinematografico d’oltralpe e una delle interpreti più premiate. (César, British Award, Montreal, Cannes, Venezia). Nel 2001 è stata proclamata miglior attrice europea e ha vinto per la seconda volta la Palma al festival di Cannes (la prima volta fu con il film “Violette Nozière” di Chabrol). L’attrice icona di Claude Chabrol è giunta oggi nella capitale per presentare il film “L'amore nascosto” del regista Alessandro Capone, tratto dal romanzo "Madre e ossa" di Danielle Girard, in cui recita il ruolo di madre che ha un rapporto complicato e conflittuale con la figlia. Il film narra del suo doloroso percorso di ricordi e sensazioni grazie all'aiuto della dottoressa Nielsen, la psicologa che l'ha in cura, ma le proprie angosce e il senso di colpa per quello che la società giudica inaccettabile sembrano essere fardelli troppo pesanti di cui liberarsi, e soltanto un gesto estremo della figlia Sophie potrà restituire alla donna una parte di serenità. Ragazza borghese, cresciuta come musicista e attrice al Conservatoire National d’Art Dramatique di Parigi la Huppert è sposata ad un aiuto regista (Ronald Chammah) ha 3 figli (Lorenzo, Angelo e Lolita) ma non ama parlare della sua vita privata. E’ la sua carriera e le scelte anche avventurose delle sue esperienze che svelano, al di là del suo pudore, i segreti del suo carattere e la sua natura di donna inquieta. Ma dopo una lunga galleria di volti femminili ambigui e contraddittori che sono il leit motiv delle sue interpretazioni (dal primo film di successo “La Dentellière” fino a “La pianiste”) la Huppert si è anche concessa una pausa leggera con il film “Otto donne” di Françoise Ozon dove ha recitato un ruolo comico al fianco di altre stelle del firmamento cinematografico francese quali Catherine Deneuve, Fanny Ardant e Emmanuelle Béart. E fra poco la rivedremo in un altra commedia dove recita al fianco della figlia Lolita.
Che cosa l'ha attratta del personaggio di Danielle? E' un personaggio che mi ha fatto riflettere. E' una donna che ha un atteggiamento problematico anche con se stessa prima che con la figlia. Il loro è un rapporto complesso che in qualche modo nasconde un sentimento d'amore. Comunque il film non vuole dare risposte.
Nel film recita il ruolo di una madre, nella vita che tipo di madre è? Lo chieda a mia figlia Lolita quando verrà a presentare il suo film in Italia (ride). Scherzi a parte mi ritengo un'ottima madre, il nostro amore non è mai stato nascosto.
A proposito può parlare del film che ha girato con sua figlia Lolita? Non c'è nulla di psicanalito o personale. E' una commedia dove ci siamo divertite a recitare insieme. Spero di tornare in Italia con lei per presentarlo.
Nella sua lunga carriera si è dedicata a personaggi dalla personalità molto forte... Si, mi piace interpretare personaggi complicati: sono molto più reali di quelli che normalmente si vedono sullo schermo. Scegliere qualcosa di difficile fa parte del mestiere dell’attore, proprio come un cantante va alla ricerca della lirica giusta. Per interpretare i miei personaggi prediligo lo sguardo clinico, contraddittorio piuttosto che quello rassicurante. Anche in un personaggio che sembra semplice si trova sempre un po’ di difficoltà. Non penso che esista la semplicità nel mondo: c’è sempre una vena di ombra nella luce, di aggressività nella saggezza. Mi piace mostrare il “mélange” che qualsiasi persona rappresenta.

Una scena del film "L'amore nascosto"
Nella sua lunga carriera si è dedicata a personaggi dalla personalità molto forte... Si, mi piace interpretare personaggi complicati: sono molto più reali di quelli che normalmente si vedono sullo schermo. Scegliere qualcosa di difficile fa parte del mestiere dell’attore, proprio come un cantante va alla ricerca della lirica giusta. Per interpretare i miei personaggi prediligo lo sguardo clinico, contraddittorio piuttosto che quello rassicurante. Anche in un personaggio che sembra semplice si trova sempre un po’ di difficoltà. Non penso che esista la semplicità nel mondo: c’è sempre una vena di ombra nella luce, di aggressività nella saggezza. Mi piace mostrare il “mélange” che qualsiasi persona rappresenta.
Cos’è per lei recitare? Lavorare in film rappresenta per me sempre ancora un'avventura. Vivere e recitare non sono due momenti distinti. Per me recitare rappresenta la vita anche se ci sono momenti difficili o contraddittori. A volte mi chiedono come faccio ad interpretare film difficili. Per me sono più difficili da vedere che da fare quando faccio qualcosa con piacere lo faccio senza difficoltà. Non voglio minimizzare ma per me fare cinema è come una respirare.
Quindi non affronta il suo lavoro con un senso di sfida... No, non faccio mai le cose per sfida, non sono così coraggiosa. Faccio le cose per conforto. E’ più facile lavorare con un bravo regista che con un regista mediocre. Il regista bravo non ti mette l’ansia di andare in scena in maniera perfetta, si regola anche sull’improvvisazione.
Che ne pensa del cinema italiano? Ultimamente sono rimasta molto impressionata dai film di Garrone e Sorrentino che sono stati accolti molto bene dal pubblico francese. Anche nei momenti peggiori il vostro cinema trova sempre qualcosa da dire.
Come sceglie i ruoli da interpretare? Mi faccio guidare dall'istinto. Per prima cosa valuto la personalità del regista, poi la sceneggiature ed infine il ruolo. I cineasti con i quali mi piace lavorare sono quelli che prendono le distanze dal mondo. Il loro è uno sguardo oggettivo e soggettivo al tempo stesso e io sono solo un tramite di questa particolare visione del mondo; sono un interprete che traduce un particolare modo di vedere la vita. Mi sento più a mio agio nella rappresentazione della realtà così com’è piuttosto che in una forma patetica, romantica e idealizzata.
Dopo l'esperienza di presidente della giuria a Cannes pensa che il cinema rappresenta ancora la realtà? Sicuramente Cannes si può vedere un campionario di cinema molto vasto ma, essendo una selezione, è soggettivo, e quindi non permette di dare un giudizio complessivo sulla cinematografia mondiale. Certo che quest'anno si sono delineati alcuni trend precisi. Ad esempio la violenza si è vista in molti film e questo, rappresenta, senza dubbio lo specchio dei tempi che viviamo, la realtà di una parte del mondo.

Una scena del film "L'amore nascosto"
(Giovedì 4 Giugno 2009)
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