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La verità nella notizia…

State of Play

Thriller giornalistico senza un attimo di tregua


di Roberto Leggio


Cal McAffrey è uno con le palle. Un giornalista vecchio stampo abituato andare a fondo della notizia con penna e taccuino. Fa parte di quella stirpe di reporter ancora convinto che il lettore sappia riconoscere una notizia vera da una falsa, arrangiata ad arte solo per vendere di più. Nei giorni in cui il suo giornale naviga in cattive acque e sta apportando "strategici" cambi editoriali, gli capita di seguire le tracce di alcuni omicidi all'apparenza non collegati tra loro. Ben presto si rende conto di avere tra le mani una bomba, quando scopre che una delle vittime era l'amante di un astro nascente della politica, in quei giorni impegnato a supervisionare le spese per la difesa nazionale di una agenzia paragovernativa. Cal ha la fortuna (?) di essere conoscente di vecchia data del politico e quindi ha un aggancio maggiore per mettere a nudo uno scandalo che potrebbe scuotere le più potenti istituzioni del paese. Va da se che la verità è celata dietro doppi (o tripli) giochi dove l'integrità è un eufemismo. Il marcio in Danimarca di shakespeariana memoria è il punto di scontro (incontro) tra giornalismo e politica. Ed il film di Kevin MacDonald è un thriller come non se ne vedevano da tempo. C'è una riminescenza anni '70 un po' debitrice de Tutti gli uomini del presidente, forse perché la coppia di giornalisti (l'altra è una ragazzina alle prime armi più blogger che reporter), ricordano alla lontana i due che misero in crisi Nixon con lo scandalo Watergate.


Ma oltre al possibile omaggio al capolavoro di Alan J. Pakula, State of Play ha il ritmo e la forza di catturare lo spettatore dalla prima all'ultima scena. Merito della sceneggiatura incalzante di Tony Gilroy, piena di inquietanti ambiguità capaci di cambiare sempre registro tenendo sempre alta la tensione. Bravi tutti gli attori, a cominciare da Russel Crowe imbolsito ad arte, che sotto l’aspetto cincischiato è un vero giornalista d’assalto. Un plauso anche a Ben Affleck, che rinunciando finalmente alla classica espressione da cane bastonato con il sorriso idiota stampato in faccia, riesce ad imprimere al personaggio del politico in carriera, una sfaccettatura non usale. Il film è tratto da una mini serie televisiva britannica di grande successo, che a parte mettere a confronto la stampa con la politica; faceva risaltare con una certa energia il mondo del giornalismo puro, quello dell’etica professionale, senza discriminanti. Il film di MacDonald è una summa di tutto questo. E il suo punto di vista è forse ancora più ampio perché rimette in gioco un mestiere in questi anni imbarbarito da troppe facili penne telematiche. Più abituate a puntare sul sentito dire che a carpire le informazioni sul campo, per giungere al cuore della notizia. Quella vera.

Giudizio ***



Massiccia, come Russel Crowe
La penna di "State of play"
Per giornalisti tutti d'un pezzo...



(Giovedì 30 Aprile 2009)


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