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Vivere in fuga ed entrare nella leggenda

Nemico Pubblico nr. 1 - L'ora della fuga

Seconda parte del dittico criminale su Jacques Mesrine


di Roberto Leggio


Di solito i film divisi in due parti si portano dietro particolari difficili da seguire, piccole discrepanze che mettono in difficoltà gli spettatori sul perché una cosa accade in quel modo e non in un altro. Nel caso di questo film, pensato come un unicum e tagliato in due per questioni di mercato, riparte dalla morte del personaggio principale (era l'inizio anche del film precedente) e a ritroso riannoda le fila della vicenda quasi cinematografica di quello che per i francesi delle banlieu è un simbolo. Un criminale leggendario, tanto da essere effigiato in t-shirt, per la sua vita sopra le righe. Se nella prima parte (Nemico Pubblico nr. 1– L'istinto di morte) assistevamo all'ascesa del bandito Jacques Mesrine, in questa seconda, vediamo come e perché egli divenne il nemico numero uno di Francia e della sua tragica fine. Procedendo in senso orario lo vediamo appena tornato in patria, ingabbiato ed in fuga (roccambolesca) dal palazzo di giustizia dove sta per essere giudicato; nuovamente rapinatore di banche, braccato e beccato con una bottiglia di champagne in mano dal commissario Broussard (che ipotecherà la sua fine), mandato in un carcere di massima sicurezza (dove scrive le sue memorie dal quale il film), di nuovo fuggitivo con un nuovo compagno di avventure. Ancora rapine, ancora una nuova donna (forse quella che amò di più e a posteriori andò letteralmente fuori di testa), un assaggio di lotta armata, un rapimento d'eccellenza a suon di piatti sopraffini, la morte per strada come un omicidio di stato.


Come nell'altro spezzone il regista Jean François Richet ci immerge nella vita privata e criminale di Mesrine, fotografandolo come una sorta di eroe negativo, sul quale potremmo affezionarci. Parallelamente abbiamo un Vincent Cassel del tutto in parte, ingrassato di trenta chili pur di aderire al personaggio che fu, ma anche i suoi comprimari fanno la loro bella figura riuscendo a dare spessore a questo villain d'antan. Quello che colpisce di più in questo dittico delinquenziale, non è tanto la questione (a)morale dell'uomo, legato a filo doppio alle regole d'onore del mondo criminale, quanto cercare di raccontare la sua vita in maniera quasi consueta.. Un'esistenza contro la legge, ma essenzialmente quella di un uomo forse inadeguato ad essere normale.

Giudizio ***



(Venerdì 17 Aprile 2009)


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