 Il mito di tutte le rivoluzioni Che - L'argentino La nascita del “Comandante” Guevara
di Roberto Leggio “Un guerrigliero è tale perché ama. La patria, gli altri, se stesso!” Con queste parole Ernesto “Che” Guevara, disse la sua alla giornalista che lo intervistava a New York, nelle giornate in cui Cuba si presentò alla Nazioni Unite come isola libera ed indipendente. Amore, patria, gli altri e se stesso. Ma nel caso del Che, ci sarebbe da aggiungere la dignità. La dignità di essere liberi, di fare delle scelte giuste, di opporsi allo strapotere dell’occidente. Nel suo (nostro) caso gli Stati Uniti d’America. Lupo divoratore del sud del mondo. Ernesto Guevara, l’Argentino di Rosario, medico che scelse la guerriglia per liberare gli oppressi è diventato un mito. Ma era soprattutto un uomo al quale non piacevano i soprusi. E’ leggendario il suo viaggio in motocicletta (La Poderosa) dove prese coscienza della malattia di cui era malato il Sud America: l’asservislismo verso il colonialismo nord americano. Fu il punto di partenza dell’uomo (e dell’icona) che divenne. Per raccontare Che Guevara (senza scadere in una facile agiografia) bisogna capirne i sentimenti che muovevano le sue scelte ed il suo pensiero.

Ed è proprio su questo piano che prende avvio il film fiume di Steven Sodenberg con un mimetico Benicio Del Toro. La prima parte della storia, si apre con il taglio degli occhi del Che, inquadrati durante la famosa intervista per la CBS americana. Quella per la quale, nella sua mimetica militare, espose le sue idee rivoluzionarie al mondo intero. Lo stesso aveva fatto all’Onu qualche giorno prima, dove divenne l’icona che conosciamo e che purtroppo si fece dei nemici giurati. Da lì si salta ai giorni precedenti la partenza verso Cuba di ottanta uomini determinati a liberare l’isola dalla spietata dittatura di Fulcencio Batista, presidente fantoccio degli Stati Uniti. Al comando di questi barbudosun giovane Fidel Castro, convinto che quei pochi uomini sarebbero diventati migliaia. La guerriglia durò tre anni nella quale avvenne il fondamentale passaggio che trasformò Guevara da semplice medico a guerrigliero rivoluzionario. Quello che dopo la presa di Santa Clara e la vittoria in pugno, rimproverò dei ribelli a non giungere l’Havana su un’auto di lusso. Apologo esatto di una rivoluzione di popolo.

Girato come una sorta di docu-fiction, il film di Sodenberg, è un’opera ambiziosa di quattro ore divisa in due parti (la seconda dal titolo Guerriglia verrà distribuita il 1 Maggio), che seppur affascinante, pecca di momenti di estrema noia, perdendosi in lungaggini esplicative soprattutto nei tempi “morti” tra una battaglia e l’altra contro l’esercito regolare. Attimi che servono a sottolineare ancora di più il Guevara pensiero, nel modo in cui cerca di dare una cultura (insegnare a leggere, scrivere e far di conto) a quei combattenti che diventeranno cubani liberi. L’immagine a tutto tondo del Che, viene in questo modo offuscata, discontinua nella sua intensità. In definitiva resta però la realtà riflessiva e la complessità umana di un "mito" suo malgrado. Il mistero del Che, però rimane. Ed è forse un bene. In quanto le sue contraddizioni, la sua umanità, non potranno mai essere chiarite fino in fondo. E non basteranno due film per approfondirle…
Giudizio **1/2

(Mercoledì 8 Aprile 2009)
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