 Ficarra e Picone diventano cugini La Matassa Quando la dialettica produce, e anche bene
di Elena Nesti Ogni famiglia ha la propria matassa. Quella della famiglia Geraci continua ad imbrogliarsi per 25 lunghi anni, finché il caso offre ai due cugini Gaetano (Salvo Ficarra) e Paolo (Valentino Picone) un’occasione di pace. Se nel loro primo film Nati Stanchi (2001) i due comici siciliani erano amici per la pelle e in “Il 7 e l’8” (2006) erano stati scambiati nella culla, in questa seconda regia a sei mani con Giambattista Avellino, Ficarra e Picone diventano finalmente parenti, ma “litigati”. Due personaggi che sembrano usciti da una novella di Pirandello. Paolo è inetto, ipocondriaco e vittima. Porta avanti l’albergo del padre, vecchio oggetto del contenzioso tra questo e il padre di Gaetano, arguto e prepotente carnefice che si arrabatta con mezzi del tutto illeciti nella conduzione di un’improbabile agenzia matrimoniale. A tagliare i fili della matassa interverrà una coralità di personaggi, tutti al massimo della comicità: una versione un po’ sovrappeso dei fratelli Karamazov, cinesi al limite tra l’imprenditoria e l’ascolto psicologico, mafiosi impacciati e ridicoli, e tanti altri tutti nati dal capovolgimento tipico della comicità di Ficarra e Picone.

La Matassa è una commedia all’italiana in cui si tenta anche di emozionare, grazie a piani sequenza dall’oggi a qualche paradiso perduto degli anni ’80 con i due protagonisti bambini. Finalmente una trama forte che fa da solida partitura all’improvvisazione richiesta a tutti gli attori della pellicola. Parla la grande esperienza di Pino Caruso, qui nei panni di Don Gino: “Ficarra e Picone hanno una comicità premeditata, quasi preterintenzionale. Andare alla rinfusa è ben diverso dall’essere spontanei, come sono loro”. Anche Avellino racconta di aver dato nella sceneggiatura mano libera all’affiatata coppia soprattutto nei dialoghi, e di come abbiano lavorato cercando il compromesso: “Spesso di ogni scena si presentavano le tre diverse inquadrature che ognuno dei tre registi aveva preteso di girare. Il bello è stato far credere ai due che in sala di montaggio venisse poi in effetti scelto qualcosa girato da loro”. La lite unisce l’Italia, non solo la tipica famiglia siciliana, qui rappresentata in una metropoli del Sud senza caratterizzazioni di sorta, anche se le tinte forti dell’efficacissima fotografia di Roberto Forza sono quelle di Catania e della vicina Paternò. A rafforzare sicilianitudine, si producono in innumerevoli gag dei veri e propri caratteri irresitibili come quelli di Claudio Gioè, Domenico Centamore, Giovanni Martorana. Ficarra e Picone dimostrano di non essere due comici che fanno commedie e basta, ma insieme ad Avellino tre registi a tutti gli effetti, capaci di partorire un prodotto curato, con un preciso stile quasi surreale, ma più di tutto esilarante.
giudizio: ***

(Mercoledì 4 Marzo 2009)
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