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Un monologo di Valerio Malorni

Con chi

Ha inaugurato il nuovo Teatro Scalo di Roma


di Francesco Castracane


Da qualche giorno ha aperto a Roma, un nuovo, piccolo teatro. Si chiama “Teatro allo scalo”, situato in via dei Reti a S. Lorenzo. Una piccola e spartana sala, con pochi posti ma molto intrigante. Una sala rettangolare e squadrata dove il rapporto fra attore e pubblico pare quasi annullarsi.
Per l’inaugurazione di questo nuovo spazio è stato scelto questo monologo di Valerio Malorni, vincitore di Martelive nel 2006.
E’ un testo sulla solitudine, dove l’attore, con il semplice ausilio di un trabattello mobile, un telo bianco e poche altre cose, racconta una storia un po’ sconnessa e senza senso. E’ come potrebbe raccontare la realtà uno dei tanti barboni che frequentano la nostra città. Un flusso ininterrotto di pensieri che si sovrappongono e si confondono e che difficilmente sono interpretabili senza una chiave di lettura adeguata. Da questo punto di vista, forse, il testo risulta essere un po’ immaturo e piuttosto acerbo, bisognoso di aggiustamenti.
L’attore, racconta e affastella in maniera del tutto casuale episodi, ricordi, sensazioni. In realtà, la vera storia è raccontata dal corpo dell’attore e dalla sua fisicità, che si arrampica, corre, si appende, si immobilizza, urla, si zittisce. In questo senso Valerio Malorni dimostra una notevole capacità di introspezione e una forte sensibilità umana, accompagnata da una vasta gamma di conoscenza di tecniche teatrali e mimiche. Con una corporatura esile, da attore shakespiriano minore (un Rosencrantz per intendersi), riesce ad occupare tutto lo spazio scenico. Il riferimento a Rosencrantz non vuole essere offensivo, ma anzi indicare l’importanza che i personaggi cosiddetti minori possono avere in un opera.

Un momento dello spettacolo



Nello sviluppo del testo, ho trovato molte verosimiglianze con un altro personaggio: Hans Schnier, il protagonista di“opinioni di un clown”. In quel testo letterario, poi diventato un altrettanto bel testo teatrale, Hans, con pantomime teatrali, con telefonate e incontri, lancia accuse feroci all'opulenta società della Germania occidentale, che sembra aver smarrito ogni valore. Ma mentre il rifiuto di Hans è un rifiuto consapevole della realtà ipocrita e falsa della società del suo tempo, qui invece non sembra esservi alcuna consapevolezza.
Qui il personaggio è solitario perché incapace di attivare un dialogo con il contesto attorno a sè. Vi è un rifiuto della socialità, che però porta ad un avvitamento sul proprio ego, che rende questo rifiuto sterile. In questo senso lo spettacolo è effettivamente una riflessione sulla solitudine, ma anche sull’incomunicabilità di questa solitudine.
Lo spettacolo rappresenta un'ottima prova d'attore, meno bello il testo, eccessivamente criptico forse a causa di un percorso troppo autoreferenziale.

Con Chi
di e con Valerio Malorni
fino al 22 febbraio 2009
Teatro allo scalo
via dei Reti n. 36
Roma










(Mercoledì 18 Febbraio 2009)


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