 Guardando il mondo con gli occhi dell’infanzia Stella Un film sulla “autoeducazione”, che vale per ieri e per oggi
di Pino Moroni Nel 2004 Sylvie Verheyde, scrittrice, sceneggiatrice, regista, produttrice, filmò per la televisione francese Combats de femme – Un amour de femme. Un film sull’amore vero e libero di una donna sposata, con prole, per una insegnante di danza più giovane. Un messaggio forte per donne che hanno il coraggio di scegliere e perseguire la loro vita, nella sua intera pienezza, senza sottostare alle convenzioni sociali, al di là, comunque, della sola e semplice vita sessuale.
Questo messaggio si ritrova in Stella, un film sulla "autoeducazione" e determinazione di una bambina undicenne, alle soglie della sua adolescenza. “Combats d’enfant”: storia di una piccola eroina della vita quotidiana a Parigi nel 1977, ma vale ancora per oggi, ovunque.

Stella (Lèora Barbara) vive in un bar di periferia, gestito dai genitori (Benjamin Biolay il padre, Karole Rocher la madre), affollato di disoccupati e disadattati, che passano il tempo giocando, bevendo e bisticciando, a carico dei servizi sociali statali. Sopra il bar, oltre alcune camere per questi diseredati, va a dormire la piccola Stella con il suo cane. Perché la sua giornata la passa giocando e facendosi le ossa in mezzo agli imprevedibili ‘clienti’. Ragazzina dolce e buona ma tutta d’un pezzo, piena di carattere per la sua età, tra due genitori, anch’essi sbandati e menefreghisti, che non perdono occasione di tradirsi. C’è anche un suo amore puerile: Alain-Bernard (Guillaume Depardieu in una delle sue ultime apparizioni) che la rispetta.

All’età di 11 anni per la povera Stella si apre l’anno scolastico (prima media) da frequentare in una scuola di rango al centro di Parigi. È l’unica occasione che le offrono i genitori per non finire come cameriera. Il primo trimestre è terribile. Picchiata, lasciata in disparte dai coetanei borghesi, trattata male dagli insegnanti e supinamente ignorante, Stella è insufficiente in tutto, dai vestiti al comportamento ai voti scolastici. Ma, temprata dalla vita quotidiana, adeguata a storie dure e difficili, percorrerà quel processo di cambiamento, di acculturazione e maturazione, che la porteranno, anche con l’aiuto di Gladys (Melissa Rodriguez), una buona compagna di classe, alla promozione finale.

Il merito di Sylvie Verheyde, con questo materiale, è stato quello di non cadere mai nei luoghi comuni, nella troppa sensibilità o nel fumetto sdolcinato. Le lunghe maratone bar-scuola della coriacea interprete mostrano invece la tensione per l’iniziazione ad un’altra vita, mentre negli occhi della bravissima Lèora Barbara, calata perfettamente nella parte, si specchiano tutti i vizi, i difetti, le crudeltà, le vacuità e le ipocrisie di una umanità fallita. E ciò vale sia per il dolente mondo dei diseredati, che per quello dei gelidi professori e delle vuote o intellettuali famiglie bene di Parigi. Gli universali attraverso gli occhi dell’infanzia.

Sylvie Verheyde non ha trattato bene neanche le provincia nord della Francia, dove Stella va in vacanza dalla nonna. Un deserto cupo e triste, agricolo e industriale, con i campi sconfinati di barbabietole e fabbriche decrepite. Le poche case ed i villaggi sotto un’acqua uggiosa e persone anche più cattive e pazze di quelle di Parigi. L’unica amichetta, figlia di alcolizzati isterici, le offre un po’ di gramo svago, le trova un ragazzo -che lei rifiuta- e le invia una foto di Alain Delon, mito del momento. Ma Stella vuole leggere Cocteau e Balzac, conquistarsi la cultura. Riuscirà e scriverà lei stessa da grande la sceneggiatura di un film autobiografico, firmato Sylvie Verheyde.
(Mercoledì 14 Gennaio 2009)
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