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E' scomparso uno dei grandi autori italiani

Ennio De Concini

Per onorarlo pubblichiamo un'intervista che ci ha rilasciato


di Oriana Maerini


Dopo una lunga malattia, all'età di 85 anni, si è spento, oggi, Ennio De Concini, uno dei maestri del cinema italiano. Per onorarlo Cinebazar pubblica un'intervista con il maestro realizzata alcuni anni fa da Oriana Maerini.
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Forse i 60 abitanti di Albaneto, piccolo Paese di montagna nell'entroterra laziale, non sanno che il loro concittadino che si sta occupando del restauro della chiesetta del 1100 è Ennio De Concini, uno dei più illustri sceneggiatori italiani. Premo Oscar per "Divorzio all'italiana" ha scritto qualcosa come 200 film tra i quali :il Grido, Operazione San Gennaro, Pane e Cioccolata. In Tv è stato l'ideatore di fortunatissimi sceneggiati sulla mafia quali "la Piovra" e "Donna d'onore". Duccio Tessari lo definisce un "mago" capace di risolvere ogni soggetto, presso il quale i produttori facevano la fila. Ma, strano a dirsi, De Concini confessa di non amare troppo la scrittura cinematografica che iniziò a praticare solo per esigenze economiche e dice di amarsi molto di più nelle vesti di romanziere. Il suo ultimo libro è: "Il ritorno di Pinocchio", una sorta di seguito della favola di Collodi.
Su di lui, invece, uscita ance, edita da Marsilio, una raccolta di memorie intitolata "Un fallito di successo".

Secondo Lei gli sceneggiatori sono scrittori mancati?
Per definirli userei l'espressione americana: " second class citizen" perchè tra il lavoro dello sceneggiatore e il film compiuto passano tante di quelle interferenze che non si riesce a stabilre cosa è veramente suo. Tutti intervengono durante la lavorazione: l'attore, il regista, il produttore, l'operatore delle luci.
La prima volta che incontrai Kubrick a Londra mi chiese se ero d'accordo con lui nel sostenere che il lavoro degli sceneggiatori non serve a niente. Io risposi: "sono perfettamente d'accordo ma, secondo me, non conta neanche il regista. Il cinema è un evento casuale." Divento furioso quando sento parlare di arte in riferimento al cinema, il lo considero solo un artigianato di lusso. Poi i film mi annoiano, come l'opera.

Eppure lei ha scritto "Italiani brava gente", Divorzio all'Italiana", film che hanno significato dei pezzi di storia dell'Italia come fà a non amarli, a non sentirli suoi?
Senz'altro è vero che rappresentano un pezzo di storia italiana ma li sento di tutti. Io centro casualmente perchè sono stato uno degli elementi della macchina cinema, forse anche un buon elemento perchè avevo talento, fantasia. Guardi mi viene in mente Leopardi quando ha trovato "gli occhi tuoi ridenti e fuggitivi". Fuggitivi: questo incredibile e straordinario aggettivo che lui ha trovato dopo averne scritti venti. Questo mi è mancato: non riesco a vedere oggettivamente la storia tanto è vero che non sono mai andato a ritirare i vari premi alla carriera, Leoni d'oro. Pensi che quando mi hanno attribuito l'Oscar ero a Mosca e mi sono arrabbiato perchè mi hanno telefonato alle sei del mattino! Sarei snob a dire che non me ne fregava niente: ma per me era solo un riconoscimento, mi divertiva averlo avuto ma, niente di più.

Come le venne l'idea di "Divorzio all'italiana"?
Mi venne dal romanzo di Arpino "Romanzetto d'onore" che mi sembrava il film più vecchio della storia del cinema! Allora pensai di rovesciare la storia: uno sfruttava l'idea di un articolo del codice molto favorevole per uccidere la moglie. Il film ebbe molto successo in America perchè lì lasciare la moglie voleva dire doverle dare tutto. Gli americani erano eccitati all'idea di risparmiare 100 milioni di dollari facendosi solo tre anni di galera!

Perchè il cinema italiano non è diventato un 'industria come in America?
Perchè è sempre stato fatto da produttori avventurosi, quei pochi che sono riusciti sono andati in America. Poi c'è l'handicapp della lingua:noi parliamo una lingua che non conosce nessuno nel mondo e non si può scrivere in una lingua che non è la tua perche sfuggono le nuances, le piccole cose. Pensi al vantaggio di scrivere in inglese!

Come ha ideato la Piovra?
il mio vero merito è stato quello di aver inventato la molla fondamentale; una cosa che oggi sembra normale ma allora era uno scandalo: il rapporto fra mafia e politica. Era la prima volta che si diceva che il direttore generale della polizia, vicino al ministro, era un colluso con la mafia. Fu una battaglia per farlo uscire! Per me la Piovra doveva finire alla seconda edizione,quando andavano tutti in galera: quella era l'unica vittoria possibile sulla mafia. Poi mi sono rifiutato di scrivere la ripetitività della sorte dei mafiosi. Ad un certo punto la Mafia li manda pensione, cioè in galera, perchè non servono più. La Mafia è come una società, una grande azienda!



Com'è avvenuto il primo incontro con il mondo del cinema?
Ero giovanissimo e, a quel tempo, avevo una fame nera così, quando Mario Monicelli prima, e la coppia Monicelli-Steno più tardi, mi invitaro a collaborare con loro accettai.

Monicelli, Scola, quasi tutti i grandi registi italiani sono nati come sceneggiatori perchè Lei ha fatto un unico film," Gli ultimi dieci giorni di Hitler", come regista?

E' stato un tentativo disastroso! Non reggo la fatica fisica, non riesco ad essere disponibile per tutto il periodo delle riprese, non reggo gli orari bloccanti del set.

Che differenza c'è tra scrivere un romanzo o una sceneggiatura?
Scrivere una sceneggiatura per me è come non scrivere perchè bisogna seguire schemi e linguaggi prefabbricati. Dal soggetto al film compiuto è un percorso ad ostacoli che io non ho mai voluto seguire: consegnavo la sceneggiatura e me ne andavo. Io ho il gusto dello scrivere, di stare attento alle parole, all'aggettivo, alla costruzione della frase, a come si raccontano certi sentimenti. Nel cinema c'è un altro meccanismo non si può dire migliore o peggiore, io l'ho fatto molto meccanicamente.

Stima gli sceneggiatori italiani?
Sono tutti straordinari! Scarpelli è uno dei più grandi temperamenti e talenti che ci siano in Italia. Così Age, Benvenuti e De Bernardi, Amidei, Sonego, Suso Cecchi D'Amico: sono tutti bravissimi.

Ho letto in un libro di Goffredo Fofi che Fellini sosteneva che lei vive in modo discretissimo il suo lavoro. E' vero?
Non è discrezione, forse è disprezzo, lo so che posso scandalizzare ma il mio non è un atteggiamento: non vedo il mio mestiere con la passionalità struggente con la quale molti lo vivono.

Le piace di più sceneggiare per il cinema o per la televisone?
Sceneggiare per la televisione mi diverte molto di più: riesco a scrivere cento pagine al giorno!

Dove prende lo spunto per le sue idee?
Da me stesso: è rarissimo che prenda spunto dalle letture. Posso rubare, magari senza rendermene conto, i movimenti. Per esempio leggendo Tolstoj, Stendhal, o i libri di tutte le epoche, posso rubare un certo movimento interno e trasferirlo nel moderno, in una certa situazione.




(Martedì 18 Novembre 2008)


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