 Rapimento, disperazione e riscatto Changeling Ennesimo capolavoro di Clint Eastwood.
di Roberto Leggio C'era un tempo in cui la città degli Angeli non era tale. La polizia corrotta, poteri forti criticabili, criminalità in aumento. Siamo nel 1928, poco prima che l'America venga inghiottita dal baratro della depressione. Un anno di svolta che avrebbe avvolto il paese in un'ala di tenebre. Le stesse che, e non solo metaforicamente, si richiusero su Mrs Christine Collins, quando di ritorno dal lavoro comprese che suo figlio Walter era stato rapito. Passeranno cinque mesi prima che la polizia le riporti un bambino... non suo. Ed è proprio in questo istante che tutto il vuoto della società risucchia questa madre disperata. Facendo leva sull'emotività della donna, la polizia le consiglia di "tenerlo in prova per una settimana, perché la gente ha bisogno di lieto fine". Ma ben presto le ragioni del cuore, non le fanno accettare quel bambino come suo figlio e nella certezza che si tratti di impostore, intraprende una lunga lotta contro il Dipartimento di Polizia di Los Angeles, aiutata da un prete presbiteriano, che da tempo denuncia la vita lasciva e corrotta della città.

Dietro al dramma, tratto purtroppo da una storia vera, c'è Clint Eastwood, che con l'avanzare dell'età si schiera con i più deboli (l'aveva fatto con la ragazza di Million Dollar Baby ed in parte con gli antieroi di Mystic River), ma soprattutto contro quell'America ottusa e corrotta puntata a distruggere il singolo individuo. In questo film, diretto magnificamente con un occhio quasi chirurgico nel mettere a nudo le debolezze di una società catapultata verso l'incertezza (la crisi economica, il proibizionismo, la seconda guerra mondiale), il vecchio Clint metaforizza tutti i mali dell'epoca (mancanza di sicurezza sociale, il potere istituzionale che non garantisce i suoi cittadini, diritti civili e sociali violati) con inquietanti rimandi al quotidiano. Senza parlare della banalità del male, dell'orco che si cela dietro ogni pedofilo, serial killer o meno che sia. Una storia forte, potente, sull'America e i suoi peccati. Se vogliamo una poesia, anche disturbante, che avrebbe fatto impazzire Woody Guthrie e John Steimbeck, per i temi che Clint Eastwood tocca con questo ennesimo capolavoro, capace di coinvolgere fino al midollo lo spettatore nell'esplorazione di tutte le sfaccettature dell'animo umano. Un film sulla paura, l'incertezza, ma anche sul coraggio di reagire con speranza e giustizia. Perché, la città dei sogni, può diventare quella degli incubi, e le labbra rosse, forti e disperate di una bravissima Angiolina Jolie, che irrompono prepotenti nello schermo, stanno a lì a ricordarcelo.
Giudizio ****

(Giovedì 13 Novembre 2008)
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