 Debutto alla regia di Brando De Sica Parlami di me Visto al Festival di Roma
di Francesco Castracane 
Parlami di me di Brando De Sica
regia Brando De Sica regia teatrale Marco Mattolini tratto da un musical di Maurizio Costanzo ed Enrico Vaime produttore Silvia Verdone arrangiamenti e direzione musicale M° Marco Tiso scenografia Mario Catalano coreografie Franco Miseria costumi Laura Costantini fotografia Gianni Mastropietro produzione Italia / Vittoria Cine realizzata da Studio 41 distribuzione FILMAURO genere Musical / colore durata 110 minuti
Trama:
PARLAMI DI ME è un omaggio al teatro e, allo stesso tempo, un’occasione per CHRISTIAN DE SICA per raccontarsi come artista e come figlio d’arte. Un’ora e quaranta minuti in cui è sempre in scena con un’orchestra di venti elementi, diretti dal Maestro Marco Tiso, e da una compagnia di undici artisti, tra cui PAOLO CONTICINI e LAURA DI MAURO. Il musical si snoda lungo il filo della memoria di Christian De Sica, tra i ricordi della sua infanzia, il rapporto con il padre, la sua volontà di intraprendere il mestiere dell’attore, i suoi successi e le difficoltà di una carriera vissuta con grande passione. PARLAMI DI ME è la trasposizione cinematografica dell’omonimo musical teatrale scritto da Maurizio Costanzo ed Enrico Vaime e andato in scena nei teatri di tutta Italia, per due stagioni consecutive, con grande successo di critica e di pubblico.
Recensione:
Preciso anzitutto una cosa, non ho visto lo spettacolo teatrale dal quale è tratto il film, quindi le mie riflessioni riguarderanno unicamente la pellicola, che ho potuto vedere al Festival di Roma. Pur non avendolo visto, è d’obbligo partire dal testo di riferimento: con 600 mila spettatori e un incasso record di oltre 11 milioni di euro, lo spettacolo è stato premiato con due Biglietti d’Oro, i riconoscimenti attribuiti ogni anno allo rappresentazione più vista dal pubblico. Quindi, tanto di cappello agli autori, a Christian De Sica e a tutto il gruppo di artisti bravissimi che hanno partecipato a questa avventura. A mio parere però, il film non è in grado di rappresentare in maniera adeguata lo svolgimento del lavoro teatrale e alla fin fine risulta essere piuttosto noioso. Il giovane regista, figlio e nipote d’arte, non sembra avere ben chiara la distinzione fra lo spazio scenico caratteristico del teatro, e la sua rappresentazione su pellicola. Quando si filma un’opera teatrale, c’è un grosso problema da affrontare e risolvere: cercare di mostrare nel modo più lineare possibile, lo svolgimento di ciò che sta avvenendo sul palco. E’ necessario quasi annullare la personalità del regista e semplificare la visione allo scopo di creare una immaginaria linea oltre il quale avviene lo spettacolo. Insomma, si deve far finta di essere come uno spettatore e permettere a chi guarda di seguire il testo senza essere troppo distratto da elementi di disturbo. Questa regola vale nel teatro ma vale anche per chi dovesse riprendere un’opera teatrale. Il continuo spezzettamento della ripresa, il continuare a girare attorno al palco, cambiando continuamente la visuale, rende faticoso seguire il film e lo avvicina pericolosamente a un lungo videoclip. Ma mentre il videoclip può permettersi di contestare la staticità dell’immagine perché lo fa per pochi minuti, altrettanto non può avvenire per una pellicola che va avanti per più di un’ora. Il giovane regista sostiene proprio che sua intenzione fosse quella di attivare una rappresentazione a 360° dello spettacolo: “Raccontare ‘Parlami di me’ solo dal punto di vista dello spettatore sarebbe stato limitativo, perché non avrei colto quello che si sente quando si è veramente là, l’energia che proviene dal palco, dagli odori, dalle luci…”. Il tentativo è apprezzabile ma a mio parere non è riuscito. Con tutto il rispetto per Brando De Sica, alle volte è meglio avere meno aspirazioni e usare la macchina con più umiltà. La visione della pellicola consegna un immagine di Christian De Sica, come artista maneggevole e molto a suo agio nel cantare il repertorio delle vecchie e gloriose canzoni dei varietà di una volta. Un retroterra di jazz, evergreen e di arrangiamenti molto ben fatti. Deliziosa una versione sambata di Heidi. Insomma, un De Sica capace di dare molto e in grado di passare da Cechov a cose più leggere. Da questo punto di vista non è possibile imputare nulla all’artista, ma a mio parere il testo non sempre è all’altezza, soprattutto perché lo spettacolo è attraversato da una visione malinconica, che alle volte vira verso il nostalgico. Insomma uno spettacolo che guarda molto indietro e quasi si crogiola in questo passato, vissuto come bello e innocente. Era quasi percettibile un aria da vecchio varietà televisivo, e all’improvviso ho avuto la sensazione di vedere una versione di canzonissima degli anni 70. Un’ultima cosa che ha colpito chi scrive è il particolare sorriso di Christian De Sica, bello e intenso, che mi ha fatto pensare che forse l’attore è sprecato nei film di Natale e magari potrebbe aspirare a fare qualcosa di più significativo, dove possa sviluppare al meglio le sue potenzialità, che non sembrano emergere adeguatamente nel tipo di film sopra citati.
(Mercoledì 5 Novembre 2008)
Home Archivio  |