 Rob Reiner, l'uomo-cinema di Hollywood Non è mai troppo tardi Omaggio al (piccolo) grande cinema
di Piero Nussio Prendiamo un film qualsiasi, magari con un titolo stupidino: “Non è mai troppo tardi”. Sembra la vecchia trasmissione del maestro Manzi, che mezzo secolo fa insegnava a scrivere agli italiani. Se non fosse che gli interpreti sono Jack Nicholson e Morgan Freeman, nessuno entrerebbe in sala a vedere un film così.
E si perderebbe un gran bel film. Tanto per cominciare, perché è interpretato magistralmente da due mostri del cinema come Nicholson e Freeman. Ma questo lo si sapeva. Quello che non sta scritto sui manifesti, o nei trailer, è il nome di Rob Reiner, il regista. «Ah, si. Il nome non mi è nuovo…». Alcuni “nomi” nascono sfortunati. Tarantino lo conoscono tutti, e ha fatto tre film. Reiner non lo conosce nessuno, e ha fatto tutti i film di Hollywood degli ultimi vent’anni. Anzi, ha cominciato scrivendo il primo episodio di Happy days nel 1974. Anzi, ha cominciato essendo figlio di Carl Reiner (Ocean’s 11, 12 e 13, fra l’altro) e della famosa cantante jazz Estelle Reiner.

Poi ha fatto il regista. Ha scoperto Stephen King, di cui ha portato sullo schermo Stand by me – Ricordo di un’estate (Stand by me, 1986) e Misery non deve morire (Misery, 1990). Il successo di questi due film ha anche lanciato, rispettivamente River Phoenix e Kathy Bates. Billy Crystal e Meg Ryan non avevano necessità di essere scoperti. Ma è sicuro che il colossale successo che Rob Reiner gli ha fatto avere in tutto il mondo con Harry ti presento Sally (When Harry met Sally, 1989) è servito a renderli ancora più famosi. La scoperta di quel film è invece la sceneggiatrice Nora Ephron, che poi avrebbe fatto “C’è posta per te”, “Vita da strega” ed altri successi. Tornando al nostro Reiner, nel 1987 si avventura tra i primi nel genere fantasy con La storia fantastica (The princess bride), che gli fa ottenere un buon successo ed aprire la collaborazione di William Goldman, uno scrittore e sceneggiatore che veniva da “Butch Cassidy”, ha fatto “L’acchiappasogni” e sta preparando “Shazam!”. Rob Reiner non si ferma su nessun genere e non fa prigionieri: nel ’92 fa Codice d’onore con Tom Cruise e Jack Nicholson, nel ’95 cocca a Il presidente, una storia d’amore con Michael Douglas e Annette Benino. Nel ’99 è Storia di noi due con Bruce Willis e Micelle Pfeiffer.

In seguito si riposa un po’ e decide di far lavorare gli altri. Fonda la sua casa di produzione, la Castle Rock. Produce “Polar Express” e i film di Sandra Bullock. Poi Sleuth - Gli insospettabili e George Clooney in Michael Clayton. Intanto, fa l’attore a tempo perso. Ha partecipato a Insonnia d’amore (Sleepless in Seattle, 1993) della sua amica Nora Ephron. Evidentemente, è amico anche di Woody Allen, che lo chama ad interpretare una parte in Pallottole su Broadway (Bulletts over Bradway, 1994). Con Diane Keaton, Bette Midler e Goldie Hawn partecipa nel ’96 al Club delle prime mogli. Poi lavora anche con Jim Carrey in The Majestic (2001). Tornato alla regia, nel 2003 realizza Alex & Emma, nel 2005 il film Vizi di famiglia che svela i retroscena de “Il laureato” e chi fosse in realtà la signora Robinson…
Quando, nel 2007, un mostro di tal genere decide di dirigere un nuovo film gli occhi dei cinefili non possono lasciar passare l’evento come se fosse acqua fresca.

Acqua fresca non è. È il film The bucket list con cui Rob Reiner ha deciso di festeggiare il compimento del sessantesimo anno di età (è nato a New York nel marzo del 1947). Dare un “calcio al cesto” (dove era appeso il maiale scannato) è un oscuro e complicato modo di dire americano per intendere andare “agli alberi pizzuti”, “nel mondo dei più”, “dall’altra parte del fiume”, “scendere al capolinea”, eccetera. Insomma: morire. La “bucket list” è la “lista del cesto”, ossia l’elenco delle cose da fare prima di “scendere al capolinea”. Giunto all’età in cui molti vanno in pensione, l’eclettico e onnipresente Rob Reiner ha deciso di investigare la «Lista delle cose che andrebbero fatte prima di scendere al capolinea». Non so come lui si senta (fisicamente), ma i suoi due protagonisti stanno proprio messi male. Ad entrambi hanno detto il famoso e famigerato “Sei mesi di vita, se tutto va bene”. Che fareste voi? Rob Reiner ha trovato due attori nel fiore degli anni: Jack Nicholson, 71 anni compiuti e Morgan Freeman molto più giovane, essendo di giugno del 1937 e non di aprile… Li ha messi a recitare una commedia in cui si affronta il problema. Uno è ricco e l’altro povero, ma pieno di umanità. Uno credente e l’altro scettico. Uno con molti figli, l’altro con tante ex mogli. Entrambi si chiedono cosa succederà loro. Mancava però una storia degna di tanti mostri, ed una sceneggiatura che non sfigurasse fra tante star. Spesso il cinema hollywoodiano fa quest’errore: spende in star, in scenografie e in effetti speciali, e risparmia su plot e sceneggiatura.

Rob Reiner, per sua e nostra fortuna, risparmia su trasferte ed effetti speciali (talvolta risparmia troppo coi fondali…), ma non lesina le spese con gli sceneggiatori. La scoperta di questo film è Justin Zackham, un ragazzetto di vent’anni o poco più, che si è segnalato con un corto e scrivendo per The bucket list una sceneggiatura scoppiettante e piena di contenuti.
La storia c’è. Gli attori pure. Il regista è uno dei migliori. Si esce dalla sala contenti, e un po’ pensierosi…
(Domenica 27 Gennaio 2008)
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