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Poesia on the road in solitaria

Into the Wild

Esce nelle sale il capolavoro di Sean Penn


di Samuele Luciano


Esiste un teatro di parola, ma anche un cinema di parola, un cinema letterario, un cinema che vuole dire qualcosa, ed in questo cinema si fa largo il 47enne Sean Penn. Esce nelle sale il suo ultimo film “Into The Wild”, un connubio tra cinema e letteratura (il film è tratto dal romanzo omonimo di Jon Krakauer), una pellicola incisa da frasi di scrittori come Thoreau, Tolstoj, London, Byron e Whitman. Su tutte ci si permetta di riportare quella che meglio introduce la storia dell’ardimentoso protagonista del film.
“Avvertivo dentro di me una sovrabbondanza di energia, che non trovava sfogo, in una vita tranquilla” (L. Tosltoj)
1990. Christopher McCandless si è appena laureato e ha davanti un futuro promettente, essendo un giovane ad alto potenziale e di famiglia benestante, ma al contrario di ogni aspettativa decide di dare in beneficenza tutti soldi che possiede e di lasciare la sua famiglia (i genitori e la sorella), avviandosi con le sole sue gambe alla conquista della libertà ‘estrema’. Significativo che abbia fatto questa scelta dopo essersi laureato in Politica Internazionale.


Il primo step del lungo cammino di Chris sarà quello di inventarsi un nuovo nome: Alex SuperTramp. Alex intraprende così un itinerario quasi improvvisato verso l’Ovest, per poi scegliere la meta più ambita e pericolosa del Nord America: l’Alaska. Ci vorrà arrivare a tutti i costi, rinunciando ogni volta ai legami intrecciati sul suo cammino, alle comodità via via conquistate, nel tentativo spavaldo quanto lodevole, di liberarsi da ogni forma di dipendenza. Per uno scherzo della natura (un fiume ingrossato improvvisamente) rimarrà intrappolato tra le montagne innevate, nell’unico rifugio a disposizione: un autobus abbandonato.
Sean Penn confeziona un’opera-nipote (il film è tratto dal romanzo, che a sua volta è tratto dal diario autentico di Alex SuperTramp) eppure se ne respira la freschezza di un’opera originale, sia per la materia trattata che per l’onestà di una regia tesa a non eleggere Alex martire, ma a presentarlo vero, senza ovazioni, né gratuità in sua memoria.




Ed è questa la forza del film, la stessa presente nei grandi libri come “Il richiamo della foresta” o “Il gabbiano Jonathan Livingstone”: con il raccontare una vita eroica non si vuole creare imitazione, ma ispirazione, non proselitismo, ma una personale riflessione.
Penn non getta uno sguardo freddo, documentaristico, sulla vita del temerario esploratore, come fa Herzog nel suo “Grizzly man”, ma opta per la poesia delle immagini e le citazioni di tutta una letteratura sul mito del “buon selvaggio”, così da appassionare lo spettatore lungo tutto l’arco delle 2 ore e mezza.
E il fotogramma finale che ritrae il vero Christopher McCandless è un vero colpo al cuore per chiunque.
Grande prova di Emile Hirsch, completamente malleabile nelle mani del regista e pronto a tutto: scalate a mani nude, rafting, tuffi da altezze vertiginose. L’apice della commozione si tocca con l’incontro tra Chris e Ron, il vedovo in pensione interpretato da un grandissimo Hal Holbrook. Un vero capolavoro.

giudizio: * * * *

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(Giovedì 24 Gennaio 2008)


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