 L'uomo, il cane ed i mostri all'angolo della strada... Io sono leggenda Terza versione dal romanzo stracult di Richard Matheson
di Roberto Leggio In una spettrale ed inquietante New York, si muove il virologo Robert Neville, a caccia di cervi e gazzelle molto più spaventate di lui. Lo accompagna il cane Sam, unico essere vivente con il quale divide sentimenti ed emozioni. Perchè Neville è l'ultimo sopravvissuto ad una epidemia che ha trasformato gli esseri umani in mostri simil-zombi/vampiri fotosensibili. Di giorno, l’uomo interagisce con l’animale e con dei manichini, in una città post-apocalittica tornata alla natura, dove belve si sbranano tra loro, prima che giunga la notte portatrice di feroci orrori. Col buio, egli si barrica a casa per difendersi dalle creature delle tenebre, mettendosi a studiare un antidoto alla “ferocia” che lo circonda. La leggenda del titolo, tratto dal romanzo stracult omonimo di Richard Matheson, si riferiva all’unicità del protagonista nei confronti di un mondo popolato da vampiri; la leggenda di questa versione, è invece, quella che mira a diventare l’uomo se solo trovasse un vaccino per ridare “vita” al pianeta.

Tralasciando la trasgressione della parola scritta a quella filmica, questa terza versione non è venuta propriamente con il buco. Essenzialmente perché, al contrario di quella nostrana (e migliore) di Ubaldo Ragona (ambientata nel futuristico EUR di Roma) con Vincent Price protagonista, e quella con Charlton Easton, è proprio la scelta del finale a non convicere del tutto. Peccato, perchè, il film si regge sulle spalle di un sorprendente Will Smith, capace, attraverso il suo ineluttabile senso di straniamento, di mantere lo spettatore continuamente in un senso di disagio ed angoscia, sempre in attesa di un'esplosione di inerrabile violenza. Ma questo avviene solo nella prima parte, finchè non emerge il lato più “convezionale” spaccatutto, con effetti speciali fuoco e fiamme che anticipano la fine densa di speranza. Va da se che il senso di impotenza ed accettazione della diversità che rendeva il romanzo (ma anche i suoi due predecessori) epocale, qui si dissolva definitivamente. Di suo il regista Francis Lawrence, ci mette l'incapacità di mantenere l'intensità drammatica usata nei primi cinquanta minuti. Quando il film accellera forzando la mano sull'aspetto dei “mostri”, per nulla impressionanti nella loro evanescente (e scadente) grafica CGI. Trasformando la leggenda in convenzione.
Giudizio **

(Lunedì 14 Gennaio 2008)
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