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La Guerra crea Mostri

Nella valle di Elah

Per aprire gli occhi nel dolore…


di Roberto Leggio


“Abbiamo bisogno di aiuto”. La metafora della bandiera rovesciata che da senso al film di Paul Haggis, sta in questa frase, o meglio in questo urlo disperato di autocoscienza. La storia non è piaciuta agli Americani (scusate se lo scrivo con la maiuscola, ma tant’è) perché la vicenda di un ex marine, che apre gli occhi sugli orrori della guerra dopo la morte del figlio reduce, è troppo lampante. Troppo “lancinante”. La guerra dell’Iraq (tutte quelle americane per la verità), quella per la quale gli Stati Uniti ha esportato la democrazia, non è una passeggiata. E’ un vero inferno. Un ulteriore Vietnam, nel quale le stelle e strisce, sono ormai da quattro anni, impantanate nel deserto. Nella Valle di Elah, è un film su questa presa di coscienza. Non ci sono altre parole per spiegarlo. E la sua “terribile” poetica, indica quanto di sbagliato ci sia nell’aver mandato al macello dei giovani (o a macellare altri giovani, vecchi, donne e bambini) con l’arma del patriottismo. La giustificazione che gli stessi americani danno per sopportare questo strazio. Quindi non è innaturale che il punto focale su cui ruota la trama di questa capolavoro assoluto, sia analizzare la parte oscura e crudele di questa guerra: gli effetti devastanti che questo conflitto hanno sui reduci una volta tornati a casa.


Nel gergo comune si chiama “sindrome da stress post traumatico”. Ne erano vittime i “sopravvissuti” dal Vietnam, ne sono oppressi adesso quei giovani che tornano dal medio oriente. Paul Haggis, da grande osservatore qual è riesce perfettamente a focalizzarne i sintomi in questi ragazzi che, plagiati dalla disciplina militare, arrivano a credere fermamente in quello che fanno. Il problema che ogni guerra contiene un orrore troppo grande dal quale non è possibile sfuggire. Ed è normale per loro arrivare a confondere la realtà nel compiere atti atroci senza rendersene conto. La distinzione tra bene e male, tra ciò che è divertente e da ciò che è disumano. Tommy Lee Jones, con tutte le sue rughe ed il suo rigore militare, ben interpreta il pensiero comune di questa America colpevole di aver creato mostri nel nome della libertà. Nella sua ricerca della verità sul figlio scomparso, poi morto, arriva a svelare misteri e mostrare inquietudini che tali (purtroppo) non sono. Nella Valle di Elah è un apologo, un film commovente che lancia un grido pacifista, a chi per potere o solo per mire “colonialiste” a lasciato che Davide andasse a combattere contro Golia. Una scelta che non vorremmo mai più vedere.

Giudizio ****


"Odio Bush che mi costringe a fare film di denuncia..."
Paul Haggis
Incontro con il regista de "Nella valle di Elah

Nella valle di Elah
Elah, oltre i contenuti
Un lucido film, nelle sue immagini disperate
Gli americani ricominciano a saper fare i film. L’ubriacatura di effetti speciali, di thriller, di inseguimenti e sparatorie, forse comincia a passare.




(Venerdì 30 Novembre 2007)


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