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Una storia corale alla ricerca d’amore

Ai confini del paradiso

L’opera premiata a Cannes per la miglior sceneggiatura


di Paola Galgani


L’attesa ed ambiziosa opera dell’autore dell’ autore de ‘La sposa turca’ era nella rosa dei candidati per la Palma d’Oro al 60° festival di Cannes, ma ha dovuto ‘accontentarsi’ del Premio per la miglior Sceneggiatura. Ed in effetti, la regia non è eclatante ma sembra piuttosto piegarsi alle esigenze della storia, caratterizzata da una studiata complessità nell’intento di abbracciare due mondi e mantenere la tensione senza approfondire i vari ‘input’ presenti, compreso quello politico. Si tratta di una trama corale ambientata in luoghi ben noti all’autore, Germania e Turchia, dove le vite di sei personaggi si sfiorano riuscendo solo in parte ad incontrarsi in un continuo anelito verso il perdono, la redenzione, la rivincita, tra vicende umane e personali che cozzano contro pregiudizi, lotte politiche ed ideologie.
Akin, come nelle sue opere precedenti, si lascia condurre da una sicurezza naturale -ed invidiabile- nello scegliere di navigare nei rigagnoli che compongono il fiume della trama e che alla fine, almeno idealmente, si ricongiungono ma non confluiscono mai in alto mare; si nota però una notevole differenza tra la prima parte del film, pienamente riuscita, e la seconda, più incerta e frammentaria, in cui alcuni personaggi e particolari vengono sacrificati allo scorrere complessivo della storia.



Quel che funziona bene è la rappresentazione di un’emozione che avvolge singolarmente ogni protagonista: nessun personaggio è portatore univoco di certezze ma tutti sono combattuti dalla compresenza di tendenze opposte, pur sempre nella ricerca dei rapporti umani. Questo li rende più interessanti e funzionali l’uno all’altro, intenzionati e sempre prossimi alla costruzione di un rapporto umano. Un altro valore molto importante è quello della cultura: un giovane docente universitario turco che insegna in Germania, un tedesco che gestisce una libreria in Turchia, ed ancora, il ragazzo cambia opinione sulla madre-prostituta quando sa che lei ha scelto quella via per far studiare la figlia.
Come si accennato, però, a un certo punto l’autore inizia a faticare nell’intrecciare le storie, rifugiandosi in scelte e raccordi meno significativi. Il risultato, dunque, non raggiunge le aspettative per una certa incompiutezza, mancanza di coraggio espressivo, paura di mettersi in gioco: il timore, insomma, di spingersi verso un linguaggio che meglio avrebbe potuto rendere il senso della storia. La regia, sempre più orientata a sfuggire qualsiasi linguaggio appena più complesso, finisce per appiattire il film, evidenziando anche discreti problemi e vuoti di sceneggiatura. Un progetto ambizioso non riuscito fino in fondo, ma che comunque presenta molti punti toccanti ed in particolare una struggente scena finale tra le più intense di tutte quelle del Festival di Cannes.

giudizio: * * *



"Il mio è un cinema più filosofico che politico"
Fatih Akin
Presenta "Ai confini del paradiso"



(Mercoledì 21 Novembre 2007)


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