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 Il regista presenta Sicko Micheal Moore "In America è vietato ammalarsi!"
di Roberto Leggio Roma - Anticonvenzionale come è nel suo stile, Micheal Moore si presenta in ritardo all’incontro con la stampa, in pantaloncini corti, scarpe da ginnastica e l’intramontabile cappellino da baseball. Rosso, non nero come di consueto. Un colore, un segno forse non volontario, che può incappare in certe interpretazioni antiamericane. Ma rosso o nero non importa. Micheal Moore, con Sicko, mette ancora una volta alle corde il suo paese. “Il Paese più industrializzato del mondo, dove i cittadini muoiono perché non hanno un’assistenza nazionale universale!”. Inizia più o meno così il dibattito show del regista premio oscar, sottolineando le differenze tra il sistema sanitario americano e quello italiano. E per una volta ci fa sentire orgogliosi di avere una sanità per tutti, nonostante gli annosi episodi di malasanità, delle lista d’attesa interminabili, della sporcizia inenarrabile, delle corruzioni vere o presunte. “Sicuramente in questo settore avete delle lacune, ma impallidiscono di fronte al fatto che in America muori, se non hai i soldi per pagare…” Non va certo per il sottile quando si tratta di criticare ferocemente il sistema sanitario americano, all’ultimo posto tra le nazioni sviluppate. Un paradosso che non ha eguali, se pensiamo (almeno televisivamente) quanto siano all’avanguardia le strutture sanitarie della prima potenza mondiale. Il film racconta tutto questo e anche di più. Così l’incontro con Micheal Moore, fermatosi all’ultimo momento nel nostro paese prima di recarsi al Festival di Sarajevo, diventa una sorta di comizio tra il drammatico ed il grottesco, nel quale raccoglie perfino i complimenti del ministro Livia Turco, presente per l’occasione. “Si tratta di una pellicola importante – ha sottolineato il ministro della Salute – che spero aiuti gli italiani a riscoprire il tesoro che hanno a disposizione. Cero il nostro sistema deve essere migliorato ma deve essere prima di tutto valorizzato”. In pratica un’affermazione che si sposa perfettamente con il consiglio di Moore. Speriamo bene…
Lei attacca il sistema sanitario americano. Ne fa un ritratto impietoso, dove è più facile morire che curarsi… Tutto il mondo invidia i nostri medici, le apparecchiature all’avanguardia, i farmaci futuristici. E’ sorprendente sapere però che in America ci sono cinquanta milioni di persone che non hanno la possibilità di curarsi perché non si possono permettere una assicurazione sanitaria. Credo che questo sia un atto criminale. Non garantire la salute a tutti i cittadini è una cosa vergognosa, ignobile.
Lei ha fatto dei confronto con la sanità francese, tedesca, inglese e canadese. Ma è proprio sicuro che queste quattro nazioni non abbiano in realtà dei problemi? Tutti i sistemi sanitari hanno dei problemi. Ad esempio, ho saputo che avete degli ospedali che non funzionano. Ma al confronto dei casi che mostro nel film, sono problemi facilmente superabili. Nessun italiano, per curarsi di tumore, dovrà vendersi la casa per sostenere la terapia. In America, accade spesso. Anche questo è un crimine legalizzato.

Eppure in Italia, le cose non vanno così bene come le descrive lei… In Italia avete avuto Berlusconi che, molto amico degli americani, aveva intenzione di privatizzare la sanità, ipotizzando di tagliare i benefit che garantiscono la sanità pubblica. Se l’avesse fatto, adesso voi vi ritrovereste nelle nostre stesse condizioni. Il vostro sistema sanitario è sottofinanziato, ma è funzionante e permette ad un malato di avere una garanzia di vita.
In tutti i suoi film lei mostra le “magagne” con un grande umorismo. Le viene normale? L’umorismo è necessario, soprattutto quando si mettono sotto il microscopio questioni oscene come questa. Ridere fa bene alla salute, aiuta ad andare avanti. Inoltre serve per sottolineare ancora di più i paradossi di qualsiasi faccenda.
E’ un paradosso anche il fatto di essersi fermato in Italia prima di andare a presentare il film al Festival di Sarajevo, allora… Tutt’altro. Era un atto dovuto al paese che assieme al Giappone, ama di più i miei film. Pensi un po’, essi vanno molto meglio che in Inghilterra e Francia, paesi notoriamente “amici” degli Stati Uniti. Comunque, a parte gli scherzi, sono orgoglioso di trovarmi qui. Nel paese che, secondo le stime della Sanità Mondiale, è al secondo posto (dopo la Francia) per la migliore assistenza sanitaria.
Lei continua a sottolineare che l’Italia è al secondo posto come sistema sanitario. Cosa dovremmo fare per guadagnarci il primato della Francia? Basterebbe batterla come avete fatto ai mondiali di calcio. Il vostro governo dovrebbe emanare alcune leggi che garantiscano più di oggi la sanità pubblica. Aumentare i fondi per il vostro sistema nazionale, utilizzando ad esempio, quelli destinati al finanziamento delle guerre illegali accanto agli Stati Uniti..
Ma è proprio vero che gli americani vivono di meno degli italiani? E’ verissimo. Anche qui c’è un paradosso di fondo. Siamo gli Stati Uniti d’America, la prima superpotenza, con le tecnologie migliori del mondo, però non riusciamo a curarci con dignità e quindi moriamo prima. Sono un po’ incazzato perché gli italiani e francesi vivono più di noi. Basterebbe così poco, ma le cose per almeno altri cinqunt’anni non cambieranno.
Ma infine chi è il vero responsabile della disastrosa previdenza sanitaria americana? Un po’ tutti: il governo, le grandi industrie farmaceutiche, le società di assicurazione. Agiscono tutti sul sistema stesso, che si basa sull’avidità e sui profitti. E dato che si tratta della salute della gente, i profitti non dovrebbero minimamente entrare in gioco. E’ come se si monopolizzasse l’acqua, perché senza di essa non si può vivere. L’assistenza sanitaria dovrebbe funzionare allo stesso modo, per tutti, come avviene negli altri paesi del mondo.
Dopo la sanità, cos’altro ci mostrerà? Ho già bene in mente il mio prossimo documentario. Ma non ne voglio parlare, perché altrimenti nessuno lo andrebbe a vedere.
(Venerdì 24 Agosto 2007)
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