 Dramma e realismo nella Romania di Ceausescu 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni In anteprima mondiale il film vincitore della Palma d’oro
di Paola Galgani Il film vincitore della Palma d’Oro al 60° Festival di Cannes tratta curiosamente dello stesso tema, l’aborto clandestino, di un altro film vincitore di festival, quel Vera Drake che ottenne il Leone d’oro a Venezia nel 2004. Che si tratti di pura coincidenza o che ai giurati stiano particolarmente a cuore (solo?) problematiche così complesse e delicate, come sostene chi ‘tifava’ per i fratelli Coen ‘scavalcati’ a Cannes da Mungiu, non cambia la sostanza dell’innegabile qualità di un’opera umanamente e artisticamente molto intensa. E’ la storia di due amiche, Otilia e Gabita, entrambi studentesse al Politecnico di una cittadina della Romania durante la fine del comunismo. Le due ragazze condividono la stanza del dormitorio per studenti, ma anche molto di più: Otilia fa un po’ da mamma, o da sorella maggiore, a Gabita, una ragazza svagata che rimane incinta senza rendersi conto della gravità della cosa - l’aborto è vietato ed è quasi impossibile per una donna nubile tenere un bambino- tanto da non sapere nemmeno di quanti mesi è in attesa (ma ce lo dice il titolo al film). Otilia allora si dà da fare in tutti i modi per aiutarla, a discapito della sua vita privata e della sua stessa integrità; si rivolge ad un certo signor Bebe, uno dei tanti approfittatori del ‘mercato nero’ che riserva loro una sgradita sorpresa, mettendole di fronte ad una situazione più grande di loro. Come il regista Cristian Mungiu ha più volte spiegato, il tema del film, più che l’aborto e le infinite riflessioni che può suscitare, è la perdita di libertà in un regime oppressivo in cui ci si può ritrovare a fare cose che in condizioni ‘normali’ non si sarebbero neanche immaginate. Le condizioni della Romania di Ceausescu sono accennate più volte – la povertà, la corruzione, il mercato nero, i campi di lavoro- ma non appesantiscono l’insieme che ha come nucleo un sentimento molto forte, quello dell’amicizia, descritta con tocco leggero e poetico.

La protagonista, che curiosamente non è Gabita che subisce l’aborto, ma Otilia che agisce per conto suo (ed è questo uno dei tratti di originalità della storia) è disegnata con realismo e profondità ed arricchita dalla splendida interpretazione di Anamaria Marinca, che per un soffio a Cannes non ha vinto il Premio per la Miglior Interpretazione femminile (andato all’altrettanto convincente Jeon Do-Yeon). La sua interpretazione profonda ma trattenuta ci mostra le sfumature e la lucidità di un personaggio apparentemente forte, ma piegato dalle circostanze a comportarsi contro la sua natura e la sua educazione, come sottolineano le scene a casa del fidanzato proveniente dall’alta borghesia. Una potente tensione accompagna lo spettatore dalla prima all’ultima scena, compresa quella di cui tanto discussa che vede il feto in primo piano: una scena evidentemente necessaria per descrivere il momento ‘dell’epifania’, quello cioè in cui le due ragazze-bambine, che fino allora avevano affrontato il problema come qualcosa di astratto (o come un gioco, nel caso di Gabita), si trovano di fronte alla questione in tutta la sua concretezza ed umanità. Se tecnicamente non ci sono grandi innovazioni, l’abbondante uso della camera fissa mette in rilievo la corrispondente ‘fissità’ di una situazione che sembra non lasciare scampo, e l’immutabilità di un regime che mai i protagonisti dell’epoca, che vivevano rassegnati la loro quotidianità, avrebbero immaginato potesse finire di li’ a poco. Cristian Mungiu, lungi dall’avere scopi documentari o didattici, parte sempre da storie vere come questa, realmente vissuta da una sua cara amica, come si avverte dalla sincerità dei toni narrativi: lo stesso farà per altri due film, sempre ambientati nella Romania della fine del regime comunista, che andranno a formare con questo la trilogia “Tales from Golden Age”.
giudizio: * * *

(Giovedì 23 Agosto 2007)
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