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"Malasanità" non è una parola italiana...

Sicko

Il sistema sanitario americano nel mirino di Moore


di Paola Galgani


Michael Moore ha scoperto che esiste un paese dove il governo, se ne hai bisogno, ti fa persino il bucato, e questo paese non è certo il suo. Dopo aver documentato numerosi e differenti casi umani di cittadini americani mal curati, non curati o addirittura truffati dalle proprie compagnie assicurative, Moore ha fatto un giro in Europa per avere un quadro più ampio della situazione sanitaria occidentale e si è dovuto rendere conto, con suo grande rincrescimento, che ‘noi’ –Europa- stiamo molto meglio di ‘loro’ -America-…
Il provocatorio autore si è persino dovuto arrendere al fatto che la Francia ad esempio, è molto più avanzata da questo punto di vista, dato che ha addirittura un programma sociale per cui le famiglie in difficoltà con bambini piccoli vengono assistite da una ‘nanny’ tuttofare che all’occorrenza si occupa persino del bucato.
Colpito da queste disparità, ed essendo intanto venuto in contatto con degli ex-volontari dell’11 Settembre ammalatisi per essere stati a lungo a Ground Zero ma bellamente ignorati dal governo USA nelle loro richieste di aiuto, Moore ha iniziato a chiedersi dove portare i malcapitati per garantire loro cure rapide, adeguate e possibilmente gratuite. Forse nell’avanzatissima Francia? O nell’organizzata Inghilterra?
No, meglio a Cuba! Solo lì infatti, nella casa del nemico storico, curati da medici espertissimi e disponibili, gli eroi americani ricevono finalmente una cura degna di questo nome, nonché l’abbraccio commosso di una delegazione di pompieri.
E del tutto gratis.


Provocazioni a parte (per quest’ultima ‘bricconata’ Moore è sotto inchiesta per espatrio illegale) l’autore non dice granché di nuovo, purtroppo, a chi conosca un po’ la realtà americana o persino a chi semplicemente è fedele spettatore dei telefilm made in USA, in cui puntualmente appare il poveretto di turno che non puo’ permettersi cure mediche perché non ha un’assicurazione che lo copra. Certamente l’atto di denuncia più grave è quello sulle compagnie assicurative, che pare operino vere e proprie truffe ai danni dei propri assistiti negando gravi malattie per evitare di pagarne pagare le cure, fino al punto estremo del decesso dell’assicurato.
Ovviamente con un argomento così serio e coinvolgente il regista diFahrenheit 9/11 ha campo libero. Non rinuncia a colpire i suoi bersagli preferiti, il presidente americano e le multinazionali, questa volta farmaceutiche, ma stavolta lo fa con mano un po’ più leggera, insistendo invece sui vari casi umani che non possono non commuovere.
Se il regista insomma sa bene come giocare le sue carte per convincere lo spettatore -d’altronde sarebbe impossibile dissentire dalle sue tesi- lo fa non solo incutendo sdegno e compassione ma, cosa più difficile, anche divertendo per mezzo dei suoi soliti sarcastici paradossi ed accostamenti atipici di immagini, dando vita ad un ritmo serrato e coinvolgente ed apparendo varie volte nelle immagini con tutta la sua ingombrante mole, con un garantito effetto-simpatia.
Il meccanismo, però, che si ripete in tutti i suoi film, inizia ad essere un po’ logoro ed è inoltre carico, oltre che di non poche distorsioni della realtà, di un filo di inattesa retorica nelle frasi finali che fanno appello al coraggio e all’unità degli americani.

Giudizio ***


Il regista presenta Sicko
Micheal Moore
"In America è vietato ammalarsi!"


Nel vivo degli eventi
Fahrenheit 9/11
Vincitore a Cannes
Il regista più “politicamente scorretto” d’America dimostra, ancora una volta, di conoscere bene il suo mestiere di documentarista. Riesce a colpire l’animo del pubblico per provocare rabbia e dolore.



(Giovedì 23 Agosto 2007)


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