 Parla il regista in occasione dell'uscita de "Il Sole Nero" Krzysztof Zanussi La sua ultima pellicola sul bene e il male
di Oriana Maerini Roma. Krzysztof Zanussi fotografa la platea di giornalisti con fare ironico e sornione e non si sbilancia molto sulla sua ultima creatura: Il sole nero un film tratto da un dramma di Rocco Familiari, a sua volta ispirato a un fatto realmente accaduto nella provincia catanese. Il sole nero narra di una giovane donna (Valeria Golino) che non si rassegna all'uccisione del marito e cerca di farsi giustizia da sola. La pellicola è stata girata quasi a tempo di record (le riprese sono durate cinque settimane e mezzo) anche perchè Zanussi ha sempre avuto una visione molto chiara di quello che vuole ottenere dagli attori. Il suo modo di girare è quello di fare delle lunghe prove, come in teatro, e di dichiarare senza esitazione “buona la prima”. Il regista de Da un paese lontano è nato a Varsavia nel 1939 ed ha diretto il suo primo film Il tram verso il cielo (primo premio al Festival polacco del cinema non professionale) nel 1958. Zanussi è considerato uno dei maggiori esponenti della cosiddetta “terza generazione” del cinema polacco ed ha girato un gran numero di documentari e film a soggetto per il cinema e la televisione sia in Polonia che all'estero. Nel 1981 realizza Da un paese londano - Giovanni Paolo II, un film sulla vita del Papa, in cui il regista coglie l'occasione di presentare le varie classi sociali polacche realizzando una sorta di epopea della Polonia. Nel 1973 vince il Pardo d'oro e il Premio della Giuria Ecumenica a Locarno con Illuminazione, nel 1975 il premio OCIC con Bilancio Trimestrale al Festival di Berlino e nel 1978 il Premio della Giuria Ecumenica al Festival di Cannes con La spirale. Sempre a Cannes, nel 1980 vince il Premio della Giuria e quello della Giuria Ecumenica con Constans. A Venezia gli vengono, invece, assegnati nel 1982 il Premio Pasinetti e il Gran Premio Speciale della Giuria per il film L'imperativo e nel 1984 vince il Leone d'oro e un altro Premio Pasinetti con L'anno del sole quieto. Due anni fa ha partecipato, in concorso, al Festival di Venezia con il film Persona non grata ora presenta questa sua ultima fatica, una co-produzione italo-francese, che esce venerdì nelle sale italiane, un po' in sordina, con solo trenta copie.

Com'è stato dirigere una star come Valeria Golino?
Valeria è una grande professionista ed una bravissima attrice. Dirigerla è stato molto facile perchè conosce il suo mestiere e capisce al volo cosa ti aspetti da lei. Inoltre è una persona deliziosa e non si è comporatata affatto come una diva. Spero di poter tornare a lavorare con lei in un altro film.
Il suo è un film sull'amore assoluto? Si, oggi tutto è precario, sostituibile. Nessuno pensa più in termini di amore assoluto: tutti noi siamo convinti che le persone si possano consolare in fretta dopo una perdita. Per Agata, la protagonista, non è così: lei non accetta la morte del giovane marito proprio perchè è legata da un amore indissolubile con il suo Manfredi.
Perchè ha scelto di cambiare il testo teatrale? Tutti quelli che hanno saputo che stavo girando un film in Sicilia mi hanno chiesto: "parlerai della mafia?". Io non volevo essere prevedibile; non volevo fare un film scontato che avvesse riferimenti alla malavita e quindi ho cambiato il testo facendo uccidere Manfredi per invidia.

Il sole nero è anche un film sul bene e il male... Si, è stata una decisione sofferta, ma ho voluto realizzare un film sul concetto cruciale del bene e del male, intesi nel loro senso assoluto. Soprattutto nella prima parte quest'idea di contrasto è molto netta non ci sono grigi. Poi i concetti assoluti tendono a sfumarsi... Non riuscivo a decidere sull’epilogo: non riuscivo proprio ad accettare l’idea che Agata potesse togliersi la vita. Nessuno del cast sapeva come avrei concluso il film. Ho voluto lasciare un finale aperto tagliando in montaggio una scena nella quale l’Ispettore di Polizia e l’Assistente si aggirano sulla scogliera meditando sul fatto che non può trattarsi di suicidio.
Per la colonna sonora ha chiamato il suo musicista preferito.... Quello per Wojciech Kilar è un amore assoluto: ho lavorato con lui fin dal primo film e non l'ho mai abbandonato. Lui mi ha tradito spesso ed ha composto musiche anche per altri grandi registi come Coppola. Io, invece, verso di lui soffro di una inguaribile monogamia! (ride)

Da un regista cattolico come lei ci si sarebbe aspettato un film più rivolto verso il perdono... No, il perdono non è sempre accettabile e scontato. Può anche essere immorale quando viene concesso senza che nessuno esprime la propria colpa e si mostri pentito del male che ha provocato.
(Martedì 12 Giugno 2007)
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