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Un altro ottimo film tedesco

Quattro minuti

Il regista Chris Kraus esplora il talento personale


di Pino Moroni


Il cinema tedesco, o berlinese, è in questo momento il più vivace nel panorama europeo. E l’aggettivo “vivace” non coglie completamente ciò che sta esprimendo, non solo il cinema, ma tutta la produzione intellettuale ed artistica tedesca, che a fatica raggiunge il nostro paese.
Limitiamoci comunque a parlare, dopo l’uscita nelle sale de Le vite degli altri, del bellissimo film “Quattro minuti” di Chris Kraus.

Un vecchia insegnante di pianoforte, che ha vissuto gli ultimi tragici sussulti del nazismo a Berlino nel 1945, trova in un carcere una ventenne omicida (forse innocente) con eccezionali doti di pianista. Riuscirà a portarla, superando infinite difficoltà, compresa la diffidenza della giovane, al Teatro dell’Opera per il concerto finale di giovani talenti.
I “Quattro minuti” del titolo sono quelli concessi dal direttore del carcere per il concerto, prima di riportare in prigione la ragazza.
Il film è soprattutto la capacità di mettere insieme sessant’anni di vita tedesca, dagli ulti giorni nazisti sotto le bombe alla violenza e rabbia giovanile e creativa, repressa in un carcere di sicurezza.


Ma il tema principale del film è il valore oggettivo del “talento personale”, purtroppo non riconosciuto in una società ancora ottusa, conformista e repressiva di ogni forma di arte creativa, nella sua voglia di continuità storica.
Nel concerto finale, invece, la giovane reinterpreterà Schumann in maniera moderna, liberandosi di tutte le pastoie di una società ingessata.
Tutto ciò in una difficoltà di comprensione umana reciproca tra vecchi e giovani, padri e figli, guardie e sorvegliati. Solo l’applauso dirompente del finale porta la liberazione che abbatte tutti i muri di incomprensione, tutti i malesseri di una società ancora schiava di individui in catene, di intelligenze frenate, di libertà negate.

Viva la Germania che riconosce in ogni suo film la voglia di esprimersi. Sa raccontarsi senza falsi pudori nelle sue più turpi verità: atrocità naziste, omosessualità, pedofilia, meschinità, piccoli ricatti e indifferenza.


Ma come in un grande teatro mondiale, la Germania anela a rinnovarsi ed a meritarsi gli applausi di tutto il mondo, perchè le sue idee –in questo momento di vuoto riflusso storico- sono le più innovative, le più moderne.

Altra magnifica pennellata di una sceneggiatura eccellente è la parte finale del film in cui, malgrado gli errori commessi da una società poco sensibile, l’intelligenza prevale e tutti, a cominciare dalla vecchia insegnante fino al direttore del carcere, contribuiscono alla presa di coscienza ed alla realizzazione delle aspirazioni nascoste di una giovane.

Quando mai in Italia, dove gli ipocriti parlano tanto di giovani e poi -attraverso gli spettacoli- li convincono a far niente.


Come Le vite degli altri ha preso l'Oscar per il miglior film straniero, Quattro minuti meriterebbe il premio per l'interpretazione delle due protagoniste: Monica Bleibtreu
nel suo doppio ruolo della vecchia insegnante e della giovane infermiera nazista, e Hannah Herzsprung nelle vesti della giovanissima e geniale disadattata.

Il premio per la regia a Chris Kraus che, pur avendo girato il film in un carcere con personaggi introversi, non ne ha fatto un film claustrofobico ed opprimente, ma invece pieno di spazi mentali con risvolti ed atmosfere finemente scenografici.


Un premio speciale dovrebbe andare alla sceneggiatura, articolata in più piani ideali di sviluppo, che abbracciano un lungo arco di tempo. E un premio al commento musicale, che è riuscito a coniugare la musica classica tedesca (ad esempio Schumann) con musiche originali moderne.

Ed infine il premio per le caratterizzazioni impressive di due secondini, ancora più umani e più profondi delle interpretazione principali, calati intimamente nelle debolezze di persone molto comuni.


Oscar per il miglior film straniero
Le vite degli altri
L'opera prima di Florian Henckel von Donnersmarck



(Mercoledì 30 Maggio 2007)


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