 Un genere da riscoprire Commedia brillante, la gioia di vivere Dagli anni '30 di Hollywood i film scacciapensieri
di Pino Moroni Negli anni Trenta il cinema americano ha prodotto una serie di capolavori irripetibili, soprattutto nella commedia brillante. Eppure la società veniva fuori a fatica dalla depressione che dal 1929 che aveva impoverito la maggior parte della popolazione.
Alcuni titoli, tra i film di questi anni trenta: - "È arrivata la felicità" di Frank Capra (Mr. Deeds Goes to Town, 1936)
- "L'impareggiabile Godfrey" di Gregory La Cava (My Man Godfrey, 1936)
- "Incantesimo" di George Cukor (Holiday, 1938)
 Sono film che parlano di ricchi che donano tutto ai poveri, di poveri che si riscattano facendo capire ai ricchi la relatività del denaro, e di ricchi superficiali e oziosi messi a posto da giovani brillanti ma spiantati. Dietro questi titoli c'è un intero filone, che sceneggiato da geniali autori e diretto dai migliori registi dell'epoca, ha lasciato una traccia importante nel panorama cinematografico. Sono, per dirla in soldoni, tutti film da quattro stelle.
Tirando le somme di cento anni di cinematografia forse è il genere d'epoca, al di là degli Oscar ottenuti, più riuscito di ogni altro. Capolavori della commedia brillante, perfettamente ideati da Robert Riskin, Morrie Ryskind a da Donald Egden, magistralmente diretti da Frank Capra, Gregory La Cava e George Cukor e ottimamente interpretati da Gary Cooper, Jean Arthur, William Powell, Carole Lombard, Cary Grant, Katharine Hepburn.
 Con una gioia di vivere che veniva trasmessa allo spettatore, per alleggerirlo dei gravi problemi quotidiani e renderlo allegro almeno per una sera.
Film deliziosi, ironici e sarcastici, ingenui e generosi, idealistici, ma anche realistici, quasi una commedia all'italiana ante littera. Eppure di problemi in quell'epoca ne erano piene le case e le strade e i luoghi di lavoro ed il tempo del divertimento povero.
Epoca di carestia, ma epoca creativa e felice. Il film diventava liberatorio per gli affanni quotidiani, educativo per il vivere sociale e contagioso per lo spirito di solidarietà.
Un luogo comune è che la civiltà del benessere ci ha oppresso, intristito ed appiattito ad una vita senza più stimoli, senza più futuro.
 Fuori dai luoghi comuni, se i produttori invece di darci sequel di film pesanti, oscuri, cattivi, paurosi, senza speranze, rivitalizzassero questo filone, il genere brillante, lo spettacolo ne avrebbe solo da guadagnare.
E se usassero di nuovo l'ironia, il sarcasmo, gli equivoci e gli idealismi, con garbo, intelligenza ed abilità, sensibilità ed idee, con bravi registi, sceneggiatori e attori, forse potremmo ancora amare il cinema.
E non saremmo costretti a pensare -come invece pensiamo ora- che il cinema è finito, ed il futuro è solo delle serie televisive, tutte uguali e tutte di una tristezza mortale.
(Giovedì 29 Marzo 2007)
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