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Il musical diretto da Bill Condon

Dreamgirls

Una pellicola "cristallina" e senza sbavature


di Francesco De Belvis


Scordatevi Moulin Rouge e le sue contaminazioni/invenzioni musicali e filmiche; scordatevi pure Chicago, di cui reietta gli angusti spazi scenici da “real stage” e gli andirivieni spazio/temporali; per assaporare Dreamgirls, tratto dall’omonimo spettacolo di Broadway sulla vita di Diana Ross, occorre prenderlo per quello che è: un musical come se ne facevano una volta. Il regista Bill Condon, che non è proprio uno qualsiasi (vi ricordate del notevole Demoni e Dei e di Kinsey?), sa come dirigere e, soprattutto, come “scrivere” le scene che va a filmare, nel senso che in un musical a volte si rischia di strafare o di qua o di là, in mezzo a tante canzonette. In questo caso, invece, l’ascesa al successo di questo terzetto provinciale di vocalist di colore nell’american dream dei favolosi ’60 (tra cui, appunto, la Ross, impersonata da Beyoncé), tra illusioni, disillusioni, riscatti e riscosse, risulta ben servito e anche ben illuminato, spruzzato di paillettes e lustrini e venato di momenti non di rado lirici (su tutti, quello con l’incredibile Jennifer Hudson, uscita dal reality made in Usa “American Idol” ed esordiente sul grande schermo, che canta a squarciagola “And I’m Tellin’ You I’m Going” su un palco da sola illuminata da un faro).



Certo, l’insieme, forse, risulta un po’ datato, demodé, privo di un certo spessore che non sia quello tipico dei semi-biopic su una figura americana fatta dagli americani. Eppure è anche questo, nonché il vorticoso e ritmato incedere di questo musical tradizionale, che fa di Dreamgirls una pellicola dalla limpidezza cristallina, con tutti i crismi e i tasselli al punto giusto, senza sbavature e senza ipocrisie. Il talento alla fine paga, la droga fa male (tant’è vero che Eddie Murphy, un ritorno in grande spolvero, seppure canta, balla come un pazzo e (si) diverte, alla fine muore – fuori scena – per overdose), il successo è effimero e fuggevole. Nulla di nuovo sotto al sole. Però si viene non di rado avvinti e si battono spesso i piedi in sala, Beyoncé è splendida come sempre (il singolo “Listen” imperversa già nelle radio, ma nel film la vera vincitrice è la Hudson) e il film è stato così tanto apprezzato oltreoceano da vincere, e meritarsi, tre Golden Globes e ben otto nomination ai prossimi Oscar. Sarà pure effimero, il successo, ma finché dura fa verdura, no?

giudizio: * * *



(Venerdì 2 Febbraio 2007)


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