 Un film sull’amicizia, o piuttosto sulla solitudine Il mio migliore amico L'ultima fatica di Patrice Leconte
di Maria Stella Mazzù Nel panorama desolante dei film natalizi, ha spiccato il film francese del tandem collaudato Patrice Leconte (Confidenze troppo intime; Il marito della parrucchiera; L’uomo del treno) – Daniel Auteil (L’apparenza inganna; Niente da nascondere; L’amore che non muore).
Un film gustoso, una storia originale, diversa. François (Daniel Auteil) deve trovare un ”finto migliore-amico” entro dieci giorni, per vincere una scommessa, la cui posta in palio è un antico vaso greco di valore, ritrovato in una tomba e che si dice contenesse tutte le lacrime versate dall’amico del defunto.
Tutto questo apre lo spunto per un confronto tra il mercante d’arte e un tassista, Bruno, incontrato occasionalmente che dovrebbe essere il futuro “migliore amico“ perché François non ha amici. Dalla ricerca di un migliore amico, si arriva all’incontro tra due mondi, o meglio due solitudini, seppur diverse.

François è un uomo complesso, mercante d’arte e proprietario di una galleria d’arte con una socia, (che è quella che lo sfida a trovare un amico vero entro dieci giorni), vive in una bella casa al centro di Parigi, separato dalla moglie, ha una relazione con una donna, una figlia che non lo ama, un po’ come tutte le persone che lo conoscono, per via del suo cinismo, del suo opportunismo e della sua indifferenza. Come gli sottolinea la sua socia, in una scena nella quale gli dice che “avrebbe voluto essere lei la sua migliore amica” (o altro), ma che l’ha tenuta lontana la sua indifferenza.
Un indifferenza che François manifesta anche con Bruno, un tassista, che subito lo travolge con il suo entusiasmo e con la sua cultura enciclopedica (la sua aspirazione è infatti partecipare a un quiz televisivo).
Dopo vani tentativi andati a vuoto (ma come si fa a trovare un amico in pochi giorni?), François scopre che il tassista, potrebbe tornargli utile per vincere la scommessa.

François e Bruno: due mondi diversi e distanti, due diversi modi di concepire le relazioni interpersonali. L’uno cerca un amico: in libreria, al ristorante (divertente la scena quando guardando due amici che pranzano insieme, gli chiede “ma voi come siete diventati amici” per essere ovviamente mandato a quel paese). Bruno invece è solare, sorride a tutti, saluta tutti e se può da pure una mano senza chiedere niente in cambio. François è centro, Bruno la periferia. Il ”puro” Bruno alla fine riesce a coinvolgerlo nella sua vita semplice fatta di cene a casa dei genitori. François, con cinico disprezzo, non si fa scrupolo di utilizzare la bontà del suo pseudo-amico, per i suoi scopi.
Nell’episodio “clou“ del film, Bruno, per amicizia scassina la casa di Francois, e si trova di fronte tutte le persone, alle quali lo stesso François doveva dimostrare di avere un vero amico disposto anche a rubare per lui.

Qui inizia la catarsi, o meglio la rinascita di entrambi. Bruno vinta la delusione, viene aiutato a sua insaputa a partecipare all’agognato quiz televisivo proprio da François. Quest’ultimo, nella scena struggente, della telefonata d’aiuto al concorrente, fornisce a Bruno la risposta giusta per diventare miliardario. È forse la prima volta che François, in vita sua fa qualcosa per un'altra persona, senza alcun secondo fine: il ghiaccio è ormai sciolto. Bruno “il mite”, per una volta può sentirsi qualcuno ed essere gratificato per aver realizzato il sogno della sua vita.
Sono nati due uomini nuovi, la cui immagine ci viene proposta alla fine del film, come all’inizio. Al ristorante, François festeggia il compleanno con i suoi amici, la sua donna, sua figlia. Ormai è un uomo rinato dalle sue ceneri, i sorrisi e l’atmosfera sono differenti dall’anno precedente e qualche tavolo più in là sta seduto il suo migliore amico…
(Mercoledì 24 Gennaio 2007)
Home Archivio  |