 Non un genere, ma una buona abitudiine Vorrei danzar con te... Il ballo in cento anni di cinema
di Piero Nussio Il cinema e la Garbo ancora non parlavano, negli anni ’20, quando Rudolf Valentino accennava quei passi di tango che sarebbero entrati nella leggenda del cinema. Molto più di quelli ben più esperti di Rudolf Nureyev che interpretava Valentino nel film omonimo di Ken Russell (1977).
Il secondo tango, nelle memoria di tutti, è quello di Sally Potter e Pablo Veròn in “Lezioni di tango” (1997).

Rodolfo Valentino Il mambo che tutti ricordiamo è quello del film omonimo di Silvana Mangano (Robert Rossen, 1954), anche se i più giovani penseranno a E allora mambo (Lucio Pellegrini, 1999) con la Litizzetto, Paolo Kessisoglu e Luca Bizzarri, ma soprattutto alla famosa canzone di Vinicio Cappossella.
Il samba era invece impersonato da Carmen Miranda, che ballava con una testa piena di frutta più di un supermercato, e nei difficilissimi anni ’40 faceva sognare gli uomini “affamati” di tutto il mondo (“Una notte a Rio”, “Tre settimane d’amore”, “Banana split”, “Samba d’amore”, “Copacabana”).

Carmen Miranda Insomma, anche se “il ballo” non è un genere cinematografico, è innegabile che abbia attraversato tutto il secolo in cui è esistito il cinema, portandogli pubblico, ammirazione e successi.
Come definire altrimenti i film di Fred Astaire e Ginger Rogers che furoreggiavano dal 35 al dopoguerra (“Cappello a cilindro”, “Seguendo la flotta”, “Voglio danzar con te”, “Balla con me”, “La taverna dell’allegria”, Cieli azzurri”)? E l’onda del successo dei due coinvolse perfino Federico Fellini (“Ginger e Fred”, 1986).

Fred Astaire e Ginger Rogers A proposito di “onde”, balletto e coreografie erano anche quelli acquatici di Esther Williams, che raccolsero il testimone nel primo dopoguerra fino agli anni ’50 (“La figlia di nettuno”, “Canzone pagana”, “La duchessa dell’Idaho”, “La ninfa degli antipodi”).
Ma il vero continuatore del balletto Tip tap di Frad Astaire fu Gene Kelly, il ragazzotto americano in maglione che lanciò uno stile e modernizzò la danza negli anni ’50 (“Un americano a Parigi”, “Singin’ in the rain”, “Brigadoon”).
Insieme a lui, in quegli anni furoreggiava pure Vincente Minnelli regista di “Straniero fra gli angeli” (1955) e Judy Garland interprete di “È nata una stella” (George Cukor, 1954). I due unirono poi le forze per dare la vita a Liza Minnelli, che non ballava, ma il cui film “Cabaret” rilanciò le scene di balletto nel cinema nel 1972.

Esther Williams Bob Fosse, l’autore di “Cabaret”, era coreografo prima che regista cinematografico. Il suo capolavoro “All that jazz” (1979) trasuda danza, anzi è uno dei migliori film che coniughi un contenuto drammatico con le scene di ballo. Da allora fu questa la chiave principale della danza nel cinema: invece delle allegre commediole degli anni precedenti, fu la drammaticità (o la grandiosità dei temi) a caratterizzare le coreografie.
Due esempi su tutti: West side story (Jerome Robbins e Robert Wise, 1961) dove musica e danza illustrano una cupa Romeo e Giulietta dai ghetti della periferia, e Jesus Christ Superstar (Norman Jewison, 1973) ove canzoni e coreografie servono addirittura a raccontare il Vangelo.
Ma simili contenuti cinematografici nobilitano, in quegli anni, film musicali e di danza come Hair (Milos Forman, 1979). Altri autori -in quegli anni- si sono serviti del ballo in maniera strumentale, solo per seguire meglio i mutamenti sociali: fra di loro c’è Sydney Pollack di “Non si uccidono così anche i cavalli” (1969) e Ettore Scola del film italo-francese “Ballando, ballando” (1983). Simile operazione anche per l’ottimo “Ballroom” (1992), dell’australiano Baz Luhrmann.

West side story Parallelamente, un sotto-sottogenere documenta le incursioni nel cinema delle “étoiles” della danza classica: Rudolf Nureyev è stato “Valentino” nel 1977, come Mikhail Baryshnikov aveva interpretato con Anne Bancroft e Shirley McLaine “Due vite, una svolta” nel 1977. Ludmilla Tchérina era ne “I racconti di Hoffmann (Michael Power, 1951). C’era anche Leonid Massine, così come era sempre con Moira Shearer in “Scarpette rosse” (Michael Power, 1948). Carla Fracci interpretava Margherita Gauthier ne “La storia vera della signora delle camelie (Mauro Bolognini, 1980) insieme a Ganmaria Volontè e ad Isabelle Huppert. Nello stesso anno partecipò anche al film Nijinsky che Herbert Ross dedicò al grande ballerino russo.
E, per il filone dedicato alla danza classica, non si può dimenticare né il magnifico film inglese Billy Elliot (Stephen Daldry, 2000) con la nascita della passione per la danza in un bambino, né l’ottimo film americano The Company (2003) in cui Robert Altman racconta quasi dal vero la vita del Joffrey Ballet di Chicago.

The Company Ma c’è una data ed un nome che più delle altre rappresenta e simbolizza la danza nel cinema: l’anno 1977 e il mito di John Travolta. “La febbre del sabato sera” scoppiò al cinema e dilagò poi nelle discoteche: il completo bianco di Tony Manero ha condizionato il costume, la società e la successiva produzione cinematografica, con imitatori, successori, eredi e traditori.
Era da un po’ di tempo che, nei film musicali, le coreografie erano particolarmente apprezzate ("Sette spose per sette fratelli" 1954, "Tutti insieme appassionatamente" 1965, “Hello Dolly” 1969, “Rocky Horrorr picture show” 1975, “Car Wash” 1976, “The Blues Brothers” 1980), ma da quando esplose la pellicola di John Badham, fu un susseguirsi di film sulla danza. Grease di Randal Kleiser è del 1978, Fame – Saranno famosi di Alan Perker è del 1980, Flashdance di Adrian Lyne è del 1983 insieme a Staying alive con Stallone regista e Travolta interprete, A chorus line di Richard Attemborough è del 1985, Dirty Dancing di Emile Ardolino è del 1987. Fino a Richard Gere che balla con Jennifer Lopez in “Shall we dance” (2004) e ad Antonio Banderas che fa l'insegnante di ballo con Jenna Dewan in "Ti va di ballare?" (2006).
E, con esiti più o meno riusciti, i film di danza continuano a ritmo praticamente annuale fino all’intrigante Step Up, una delle poche cose interessanti sul finire dell’anno 2006.

Saturday night fever
(Lunedì 18 Dicembre 2006)
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