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Si ispira al giapponese "Kairo"

Pulse

Un film di Jim Sonzero


di Samuele Luciano


Da qualche anno la grande Hollywood, sempre più a corto di idee, ricicla horror orientali (“The Ring”, The Grudge”, “Dark Water”) per lanciare sul mercato cinematografico blockbuster garantiti. “Pulse”, diretto da Jim Sonzero (altro regista prelevato dalla pubblicità, e si vede) si ispira al film giapponese “Kairo”, di Kiyoshi Kurosawa, ma in questo caso, più che mai, la trasposizione non è tanto geografica, ma di genere: Horror o film comico?
Ecco la trama: alcuni studenti dell’Ohio (ragazzi dal look rigorosamente fashion) si imbattono in una schiera di fantasmi che ricorrono addirittura al web per succhiare la vita agli esseri umani. A scoperchiare il vaso di Pandora è l’hacker Josh (Jonathan Tucker), il primo ad essere devitalizzato da questi virus-morti viventi, che perciò decide di suicidarsi. Da questo momento in poi mezza città morirà suicida (senza alcun sviluppo narrativo) e solo la fidanzata dell’hacker, Mattie (Kristine Bell), riuscirà con l’aiuto del neo boyfriend a resistere all’Apocalisse.


Sonzero e i due ex presidenti della Miramax, i fratelli Weinstein, rapiti (a quanto dicono) dalla messa in scena nipponica, sembra non sappiano nemmeno copiare. Essi parlano di una versione americana molto più agghiacciante dell’originale, che dovrebbe rappresentare un racconto di ammonimento sui pericoli latenti dell’high tech, in realtà l’ammonimento allo spettatore è un altro: “perché non sei rimasto a casa?”
Il tema affrontato è attuale e molto interessante: la comunicazione virtuale crea un senso di isolamento invece che di comunità. Attraverso internet infatti, viene privilegiata l’invisibilità rispetto al contatto fisico, e spesso si parla di cose intimissime, senza nemmeno conoscere le persone che ci leggono o ci ascoltano a distanza.
La regia, incurante dell’argomento, predilige proprio le ultime conquiste della tecnologia digitale, mostrandoci l’intera parabola di un uomo che si butta giù da una torre, senza aver bisogno di stuntman.
L’illustrazione dell’idea, mutuata dal film originale, secondo cui i fantasmi-virus possano essere respinti con del nastro isolante è un omaggio alla comicità involontaria.
E ancora nel 2006 ci sottopongono immagini di misteriose creature eteree seminate da una jeep della Toyota.
Dulcis in fundo, al termine di 90 minuti di scene sconclusionate, dovremmo dedurre che la responsabilità dell’imminente fine del mondo non è attribuibile al comune mortale, ma ad un comune portale.
Chi scrive, in momenti come questi, non distingue bene che differenza passi tra il recensire film e perpetrare la raccolta differenziata.

giudizio:*



(Venerdì 8 Settembre 2006)


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