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Odissea di un borghese australiano

Tom White

Un film di Alkinos Tsilimidos


di Roberto Leggio


E all’improvviso mi ritrovai barbone. Non ce l’abbia a male quello sceneggiatore italiano che con quattro soldi e poche idee ha realizzato un’opera da “clochard” in una Roma notturna popolata da gay e malfattori; se utilizzo il titolo del suo film come incipit. Nell’australiano Tom White, però un parallelismo esiste. Nell’improbabile odissea italiana, un ragazzo comune si ritrova barbone perchè gay. In questa australiana uno stressato architetto dopo vent’anni di routine, con moglie e figli, si ritrova da un giorno all’altro a vivere per le strade senza un soldo e senza un punto di riferimento. O meglio decide di mollare tutto tuffandosi in un mondo che non conosce e che forse, fino a qualche giorno prima, immaginava attravero la letteratura e la televisione. Come un novello Odisseo, attraversa il braccio di mare che divide Melburne in due e una volta giunto dall’altra parte entra in contatto con una umanità marginale fatta di un gay marchettaro, una ex (?) tossica che lavora in un Luna Park, il filosofo e solitario vecchio barbone ed infine il piccolo Jet, figlio di uno svaligiatore per necessità. Figure importanti e rilevanti con i quali Tom avrà un incontro/scontro che lo cambieranno a tal punto da mettere in dubbio un suo eventuale ritorno.



Ribelle senza causa, Tom White, del regista Alkinos Tsilimidos, è però uno sforzo esagitato che implica una riflessione più manieristica che obiettiva. Perchè il “nostro” personaggio che si vuole perdere a tutti i costi, è si alla ricerca di una identità alternativa, ma la sua ribellione è più plateale che sofferta e disperata. Non per nulla il suo nomadismo intenzionale, il vagabondare da un rifugio all’altro, diventa quasi un gioco nel quale egli deve imporsi ogni volta per cancellare il proprio passato e disconoscere la sua vera identità. Ma il ricordo di sua moglie e dei suoi figli, complica se non addirittura vanifica, questa scelta estrema. “Se non hai una casa e come se non avessi un nome”, filosofeggia il vecchio barbone quando lo accoglie nel suo rifugio. Forse per questo alla fine Tom, cerca di rivalutare la sua esperienza per evitare l’autodistruzione. O forse è solo per dare al film un aura moralistica per dimostrare quanto siamo precarie le certezze di tutti i giorni.

giudizio: *



(Giovedì 3 Agosto 2006)


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