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 Un interessante catalogo Il restauro dei film Cinema italiano 1945-1985: restauri e conservazioni
di Piero Nussio  “Cinema italiano 1945-1985: restauri e conservazioni” a cura di Dario Minutolo Effetà editrice, Cantalupa (TO)
Un volume molto tecnico, quello pubblicato di recente dalla Effetà editrice per divulgare i risultati delle attività di restauro del cinema, al termine di un’indagine promossa dall’Imaie, l’Airsc e l’Ancci. Queste sigle, sconosciute anche a molti appassionati di cinema, individuano in Italia gli autori di cinema, gli studiosi di storia del cinema ed i circoli cinematografici: ossia tutti i soggetti più interessati al recupero ed alla conservazione delle vecchie pellicole.
I film deperiscono, col tempo, e rischiano di scomparire. Le immagini in movimento tendono a dissolversi e la pellicola si deteriora ad ogni proiezione, oltre a dissolversi per motivi chimico-fisici. I film si consumano, si deteriorano, si dimenticano e –talvolta- svaniscono. Ma il film, oramai è chiaro a tutti, è un bene culturale importante, di cui è essenziale garantire la conservazione. Non solo –e già sarebbe un motivo sufficiente- per garantirne la documentazione storica e la fruizione agli studiosi, ma anche per motivi più semplicemente commerciali.
 L’inaspettato successo in tutto il mondo delle riedizioni di Napoleon di Abel Gance (1927), di Metropolis di Fritz Lang (1926) e de Il gabinetto del dr. Caligari di Robert Wiene (1920), hanno acceso i riflettori sul potenziale commerciale dei vecchi film. Poi l’esito in sala è stato bissato dalle riedizioni restaurate di film meno antichi, come Apocalypse Now – Redux di Francis Ford Coppola, che ha mostrato come una versione “director’s cut” potesse avere un gran successo mondiale di pubblico, quasi fosse una nuova produzione.
Addirittura, il “New York Times” ha giudicato miglior film del 2005 la riedizione restaurata e con 40 minuti aggiunti de Il grande uno rosso, film di Sam Fuller ed interpretato da Lee Marvin nel 1980. E che rappresenta dunque un insperato introito per la casa che ne ha curato il restauro e la nuova distribuzione: va da sé che questo film -come altri- sta incassando grosse cifre in sala, nei passaggi TV, nella versione DVD.
 Nei cento anni (e poco più) da cui esiste il cinema, le evoluzioni tecniche sono state d’ogni genere: pellicola di nitrato di cellulosa (agli inizi, particolarmente infiammabile), poi al triacetato di cellulosa (non bruciava, ma aveva la “sindrome dell’aceto”), per arrivare all’attuale poliestere, ma a continuare con i vecchi video Ampex, ed i formati U-matic e VHS, poi la miriade dei vari formati –incompatibili fra loro- Laserdisc, fino al DVD. Ma che accadrà in futuro, con i film via Internet, i blu-ray ed i WMV HD (qui i dettagli)? Poi i formati fisici delle pellicole, dagli iniziali 9,5 mm per continuare con i 16mm ed arrivare al 35 mm. Ma senza dimenticare “lo splendore del 70mm”, il “Cinemascope”, il “Vista-Vision”, il “Todd-AO”, e chi più ne ha più ne metta. Bianco e nero, Technicolor, Eastmancolor, e via con le più diverse tecnologie che si sono avvicendate nel tempo (vi ricordate il 3D con gli occhialini?).
Suono, colonne sonore, colonne musicali, rumori, accompagnamenti orchestrali, doppiaggi... Il lavoro del restauratore di cinema è veramente complesso.
 Il ripristino di una pellicola ha difficoltà simili a quelle che deve affrontare il restauro di un quadro o una scultura, ma alle questioni tecniche e di composizione si aggiungono nel caso del cinema tutte le attività legali, commerciali e di diffusione: i tagli di censura, le versioni nazionali, i doppiaggi, la localizzazione di canzoni e personaggi, le versioni per i festival, quelle dei produttori e quelle dei registi, eccetera.
Per limitarsi al problema del supporto di ripristino, la soluzione digitale (il DVD), non è sfortunatamente la tecnica definitiva per il restauro delle pellicole, come all’inizio poteva essere sembrato a qualcuno. Il DVD è ottimo per la consultazione delle opere cinematografiche e la loro diffusione a basso costo, ma non è un supporto valido per la loro conservazione. E non solo perchè perde in “grana”, nitidezza ed informazioni (il metodo MPEG utilizzato prevede già in partenza che si perdano informazioni), ma per le caratteristiche strutturali del supporto laserdisc, che non garantisce affatto la persistenza e l'utilizzabilità delle registrazioni nel tempo.
Quindi oggi la soluzione migliore è ancora la chimica ed il metodo fotografico su pellicola, addirittura anche per preservare quei film che sono invece nati su supporto digitale o magnetico.
 Ma chi fa restauro del cinema oggi, in Italia? Le cineteche ed i musei, innanzitutto (Cineteca nazionale, cineteca di Bologna, museo del cinema di Torino, cineteca del Friuli, Archivio del movimento operaio, eccetera). Le associazioni, poi (progetto “Adotta un film”, Amici di Vittorio de Sica, festival del cinema di Venezia, di Pesaro, ecc.) Ma sono molto attive, ed è importante segnalarlo, anche due istituzioni di privati: l’associazione Philip Morris Progetto Cinema ed il progetto Mediaset Cinema forever che svolgono il doppio importante ruolo di effettuare le operazioni di restauro e rendere disponibile e fruibile al pubblico il film restaurato che ne è il risultato.
Il catalogo curato da Dario Minutolo elenca i soli film a lungometraggio a soggetto (esclude cioè i cortometraggi, i documentari ed i film tecnici) di produzione dal dopoguerra al 1985. I film italiani ad oggi restaurati sono ben 203, e comprendono molte opere di Fellini, Antonioni, De Sica, Germi, Rossellini, Visconti. Ma anche le avventure di “Peppone e don Camillo”, molte opere di Totò, i maggiori film di Sergio Leone, nonché il mitico Io sono un autarchico che Nanni Moretti realizzò nel 1977 in “super8”.
(Giovedì 15 Giugno 2006)
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