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Una storia morale alle radici della cultura aborigena.

10 canoe

Un bellissimo film di Rolf De Heer


di Roberto Leggio


C’era una volta, tanto tempo fa, una tribù che viveva nei pressi di una palude, remando su canoe di corteccia e andando a caccia di uova d’oca per una cerimonia religiosa. E’ una storia vecchia di migliaia di anni, come il mondo dei Raminiging, una “nazione” aborigena australiana. Ma è anche una vicenda che serve per raccontare, attraverso un passato apparentemente mitico, la presa di coscienza (e forse di maturità) di un giovane che si è innamorato della terza moglie di suo fratello maggiore. I giorni della raccolta delle uova su dieci canoe guidate dal vecchio Minygululu, sono lo spunto per mettere a fuoco la vita di un popolo che non è più padrone della sua terra natia, vessato e distrutto dall’uomo bianco. Ed infatti i rimandi all’invasore ci sono: prima con l’arrivo di uno straniero che viene da una terra lontana e che tiene il pene coperto (e questo oltre a creare ilarità provoca diffidenza); poi con le parole del vecchio stregone che decreta davanti alla tribù “di non aver mai visto una ferita mortale come quella”. Però se l’uomo bianco è solo evocato, la storia nella sua integrità è una metafora morale di un amore proibito, un rapimento, di stregoneria, di una feroce uccisione e di una vendetta finita male. Una vicenda totalmente aborigena che rappresenta l’essenza di un popolo e della sua terra madre. Così comprendiamo come le controversie tribali venissero regolate, non da una guerra sanguinosa, ma da una leale forma di punizione tribale attraverso lo scagliare di lance contro il colpevole del danno. Ma anche la sacralità della Danza della Morte, che aiutava il morituro a mettersi in contatto con i suoi antenati nel mondo degli spiriti. Ci sarebbe molto altro da spiegare in un film mai visto prima come questo, narrato in inglese e sottotitolato in lingua Ganalbingu, ma bastano le immagini esaustive (e la narrazione viscerale) del genio registico di Rolf De Heer, che dopo The Tracker, ritorna a dare dignità storica agli aborigeni del Nord Australia.




Ambientato in un periodo non precisato di migliaia di anni fa, il film di De Heer colpisce per il suo realismo narrato in bianco e nero nel presente della caccia alle uova di oca e eccezionalmente a colori nel passato di rapimento, vendetta e morte. Il film è stato recentemente presentato nella competizione ufficiale di Un Certain Regard all’ultimo Festival di Cannes. Da noi esce oggi in venti copie, con la speranza che, chi andrà a vederlo non si soffermi solamente alla sua struttura narrativa (egregiamente narrata dalla voce del più grande e famoso attore aborigeno esistente David Gulpilil), ma comprenda anche la grande eredità di questo popolo che solo una dozzina d’anni fa ha potuto riacquisire porzioni del suo immenso territorio. Quell’angolo di Terra di Arnhem, nei territori del Nord Australia. Un posto nel quale le tribù aborigene possono nuovamente tornare a vivere e sperare…



Giudizio ****



(Giovedì 1 Giugno 2006)


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