 Quarant'anni dopo "I pugni in tasca" Il regista di matrimoni Bellocchio lotta contro il decadere del cinema
di Pino Moroni Che cosa sta succedendo nel cinema? Per rispondere a questa domanda non ho intervistato nessuno, né letto articoli di competenti in materia. Ho solo cercato di interpretare l’idea che ha, sull’argomento, il regista Marco Bellocchio che nel film Il regista di matrimoni ha voluto “in maniera cinematografica” dire la sua facendosi interpretare da Sergio Castellitto. Già il titolo ha un significato ben chiaro: ormai tutti i “servizi di nozze” sono diventati film, con attori veri che recitano più o meno professionalmente e con registi che credono presuntuosamente di fare dei veri film. Ed anche i maestri, dice Bellocchio nel film, sono chiamati a dirigere questi pseudo-film da arroganti arricchiti che cercano il regista di talento per farsi girare il loro gattopardo personale. In questo contesto anche i registi migliori sono costretti a lavorare a fianco di mediocri operatori di filmetti matrimoniali, ed imparare loro stessi la banalità e ripetitività formale delle scene di matrimonio. Allargando questo sistema di fare film ad altre situazioni di vita quotidiana, girate dalle invasive telecamere digitali, con inquadrature oscillanti sui piedi o sui soffitti, fino ad arrivare alle inquadrature fisse, riprese da telecamere-spia nascoste, si può già indovinare –dice Bellocchio- dove il cinema andrà a finire.

Quelli che ora sono i “dilettanti allo sbaraglio” dei film matrimoniali, con l’abbattimento del gusto degli spettatori, già abituati al digitale attraverso la televisione (ed in particolare i reality show e le fiction) ed i filmini dei milioni dei “turisti fai da te”, avranno il dominio del cinema ed i veri registi saranno costretti a far finta di morire o a morire definitivamente. Ha dichiarato Bellocchio: "Si diceva che l'Italia è una nazione di poeti, oggi è una nazione di registi. Il fatto è democraticamente interessante: tutti possono girare un film, montarselo e aggiungerci la colonna sonora. In questa società dove impera il reality show, un'invasione degli ultracorpi dove l'identità è minacciata dalla recita della vita, mi interessava mostrare che viviamo sotto il controllo dell'immagine. Questo film è fatto di sequenze sospese e, a differenza dei film americani, ogni immagine non è spiegata o giustificata. La cinepresa diventa l'occhio che osserva come l'occhio di Dio".

La cifra stilistica di Bellocchio emerge in questo film forte e chiara, più che in altri (L’ora di religione, 2002). Ed è quella che si riallaccia ai suoi esordi, I pugni in tasca del 1965. “I morti comandano”, dicono il nobile principe di Gravina (Sami Frey) ed il regista Smamma (Gianni Cavina) che si è dato per morto, e sono simboli di due mondi che stanno morendo essi stessi, la nobiltà di sangue e quella del cinema. Ma il messaggio di Bellocchio è anche più universale: “il passato comanda”. La morale, la religione, le convenzioni sociali, lì dove si rifugiano i giovani che cercano lavoro o stanno per sposarsi, lì dove tutti tentano di prendere esempi, lì dove tutti cercano di spingere la società, è solo il passato.

Nulla di nuovo. Solo un regista creativo, pervaso ancora del “male oscuro”, estraniato, può continuare a credere di vincere le convenzioni, le abitudini, di riuscire a creare una favola, uno sprazzo di libertà che –a Roma o in Sicilia- è chiuso negli schemi ferrei della dottrina cattolica, delle gabbie sociali o delle vecchie regole che le conventicole –di centro o di sinistra, la destra non conta- impongono regolando tutto dalle nascite alle morti, alle gratificazioni o alle punizioni. Marco Bellocchio, nel Regista di matrimoni, stempera però il suo pessimismo esistenziale rendendo libera la protagonista femminile (Donatella Finocchiaro), dopo che ha liberato anche, suicidandolo, il regista vecchio stile. A suo tempo, nei Pugni in tasca, il protagonista sterminava tutta la sua famiglia per combattere una società ingessata.

Oggi il regista ha scoperto che per un paradosso circolare siamo tornati a quegli anni ’60 che lo ispirarono, lo esasperarono, e diedero l’avvio alla sua avventura cinematografica. Poco di nuovo, ma oggi i protagonisti sono stati liberati dal loro destino. Ancora Bellocchio: "Io nelle mie storie prevedo la possibilità di una ribellione, magari insufficiente. [I miei protagonisti] cercano di combattere e non subire un destino".

(Martedì 2 Maggio 2006)
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