 Film ad episodi prodotto da Paolo Virzì 4-4-2 il gioco più bello del mondo Sul fenomeno del calcio "minore"
di Francesco Lomuscio In una nazione in cui tutto ciò che fa tendenza o porta denaro in tasca finisce per essere sfruttato all’interno di qualsiasi forma d’arte possibile, che si tratti della musica o del teatro, un fenomeno eclatante come quello del calcio non poteva certo fare a meno di interessare produttori e registi cinematografici. E, al di là di titoli più o meno seriosi come Cinque a zero (1932) di Mario Bonnard ed il recente Ora e per sempre (2005) di Vincenzo Verdecchi, uno dei filoni che spesso ha avuto come scenografie verdi campi su cui far rimbalzare il pallone è sicuramente quello gettonatissimo della commedia, tra poco celebrati lavori come Il diavolo e l’acquasanta (1983) di Bruno Corbucci e Tutti all’attacco (2005) di Lorenzo Vignolo, e veri e propri cult – movies del calibro de L’allenatore nel pallone (1984) di Sergio Martino. E’ ora Paolo Virzì, noto ed acclamato regista, tra l’altro, de La bella vita (1994) e Ovosodo (1997), a produrre per la Motorino Amaranto 4 – 4 – 2 Il gioco più bello del mondo, lungometraggio articolato in quattro episodi diretti da altrettanti registi esordienti, diplomati presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, che, casualmente, arriva nelle sale proprio nei giorni in cui in televisione non si parla altro che dello scandalo Moggi. Però, protagonista dei quattro mini – racconti in questione non è il calcio dei trionfi e dei contratti miliardari, bensì quello cosiddetto “minore”, delle promesse e degli esclusi, per i quali il primo rappresenta il più delle volte un sogno irraggiungibile. Dopo una divertente frase introduttiva di Carletto Mazzone, si parte infatti con Meglio di Maradona di Michele Carrillo, il cui protagonista è Antimo (Alessandro Guasco), tredicenne della periferia di Napoli, nonché autentico asso del pallone, il quale, grazie all’aiuto del suo Mister (Nino D’Angelo), riesce ad entrare nelle giovanili della Juventus.

Il rapporto donne – calcio è invece al centro de La donna del Mister di Claudio Cupellini, nel quale l’imminente matrimonio di Alberto (Rolando Ravello), ambizioso allenatore della squadra femminile della Lazio, sta per essere ostacolato dalla intemperante fuoriclasse Francesca (Francesca Inaudi), con la quale ha non poche divergenze. Si prosegue con Balondòr di Francesco Lagi, nel quale viene raccontata la vicenda di Antonio Colnaghi (Gigio Alberti), ex – calciatore ora procuratore di scarso successo, che porta rischiosamente in Italia, chiuso nel bagagliaio della macchina, Omar (Hady Sy), bambino africano di sicuro talento visto giocare a piedi nudi nei campetti del suo paese. E si conclude con Il terzo portiere di Roan Johnson, incentrato sulla figura di Yuri Barzalli (Valerio Mastandrea), portiere trentasettenne che, ormai da tempo sbattuto in tribuna, medita di vendersi l’ultima partita di campionato.

Quindi, un dolce – amaro apologo sull’orgoglio del calciatore, interpretato da un inedito Valerio Mastandrea con accento livornese, chiude una tetralogia piuttosto omogenea, l’altro cui momento memorabile è sicuramente rappresentato dall’avvio, nel quale a regnare è un divertente dialetto napoletano sulle bocche di un ottimo Nino D’Angelo e del notevole esordiente Alessandro Guasco, per una storia di periferia in cui il calcio finisce per rappresentare la voglia di giocare, non quella di raggiungere il successo. Il secondo segmento, invece, con il sempre lodevole Rolando Ravello ed un comparto femminile che annovera Alba Rohrwacher, Francesca Inaudi (controfigurata in campo) e la celebre Piera Degli Esposti, introduce la tematica dell’omosessualità, senza grosse sorprese, mentre il terzo, pur apparendo come il più fiacco dal punto di vista del ritmo, è quello che maggiormente ricorda la nostra grande Commedia all’italiana, con punte di cinismo e drammaticità e Gigio Alberti, alle prese con il piccolo Hady Sy, che si cimenta in un ruolo che sarebbe stato perfetto per un Tognazzi, Sordi o Gassman. Il tutto, per un’operazione senza infamia e senza lode che, pur non godendo di sceneggiature capaci di eccellere, risulta decisamente godibile e, curiosamente, presenta tutta l’aria di essere stata diretta da un’unica mano, nonostante quattro diversi nomi al timone di regia.
giudizio: * *

(Venerdì 19 Maggio 2006)
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