 Secondo film del cantante heavy metal Rob Zombie La casa del diavolo Sequel de "La casa dei 1000 corpi"
di Mirko Lomuscio Dove terminava La casa dei 1000 corpi, horror d’esordio del noto cantante heavy metal Rob Zombie, comincia il sequel: "La casa del diavolo". Siamo nel 1978: circondati dalla polizia nella loro sperduta casa, i sanguinari componenti della famiglia Firefly si trovano a dover fare i conti con lo sceriffo John Wydell, ciecamente deciso a vendicare la morte di suo fratello George, avvenuta l’anno prima proprio per mano loro. Otis, Baby e Captain Spaulding, quindi, fuggono via, perennemente inseguiti dallo sceriffo, lasciandosi una lunga scia di sangue alle spalle, nel tentativo di raggiungere Charlie Altamont, fratello di Spaulding, il quale gestisce un bordello frequentato da gente tanto strana quanto bizzarra.

Ma, per cominciare a parlare della nuova fatica di Rob Zombie, girata con tecnica ineccepibile, non possiamo fare a meno di soffermarci sul nutrito cast, da antologia per chi di horror se ne intende. Infatti, oltre ai reduci del primo capitolo Bill Moseley (Non aprite quella porta parte 2), Sheri Moon Zombie (compagna del regista), Sid Haig (Jackie Brown) e Matthew McGrory (lo scomparso gigante buono di Big fish-Le storie di una vita incredibile), troviamo uno straordinario William Forsythe (C’era una volta in America), nei panni di John Wydell, un circense Ken Foree (Zombi), in quelli di Charlie Altamont, Michael Berryman (il Pluto di Le colline hanno gli occhi) ed un’ottima Leslie Easterbrook (il pettoruto sergente Callahan di Scuola di polizia), la quale sostituisce Karen Black. Segnaliamo poi la presenza di Geoffrey Lewis (Tango & Cash), Priscilla Barnes (In casa con il nemico – Stepfather 3) e, non accreditato, in una fugace apparizione, Steve Railsback noto agli appassionati del genere soprattutto per aver portato sullo schermo il crudele Charles Manson in Bel Air – La notte del massacro (1976). Privato delle sequenze da videoclip che avevano caratterizzato il capostipite e sostituite le illuminazioni colorate con una fotografia il più delle volte sporcata dalla sabbia delle desertiche strade rurali americane, La casa del diavolo pone in scena un Otis dal look sempre più mansoniano, oltre a ricordare stilisticamente, con il suo aspetto da pellicola Anni Settanta, sia cult – movies del calibro de "L’ultima casa a sinistra" (1972) di Wes Craven e "Non aprite quella porta" (1974) di Tobe Hooper, che il recente, misconosciuto "The Manson family" (2003) di Jim Van Bebber.

Quindi, niente più zombies o creature infernali pronte ad aggredire qualcuno dalle profondità della terra, ma, tra dialoghi da antologia ed un sottotesto relativo a violenza usata e subita, soltanto realistici psicopatici armati di pistola che poca speranza danno a chi viene preso da loro in ostaggio. Il tutto, per un truculento e disturbante spettacolo all’interno di cui è bizzarramente rintracciabile anche un latente messaggio riferito all’importanza di avere una famiglia. L’unica nota dolente, come pure per il precedente La casa dei 1000 corpi, è attribuibile al poco spessore concesso alle azioni di alcuni personaggi, tanto da rischiare di rendere gratuito l’utilizzo della violenza e creare un sadico divertimento fine a sé stesso. Ma su ciò possiamo tranquillamente chiudere un occhio, in quanto è su questo che si basa la cultura heavy metal, dalla quale, come già precisato, proviene lo stesso Zombie.
giudizio: * *

(Venerdì 12 Maggio 2006)
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