 Incontro con il regista di Angel-A Luc Besson Ci svela perchè ha fatto un film su un angelo
di Roberto Leggio  “Essere troppo popolare non ti permette di avere delle idee proprie. Mi propongono film sempre più grandi e costosi. Così mi sono dato un termine: dopo il decimo film smetto di dirigere!” Questa è solo una minaccia da parte di Luc Besson o risponde alla sua reale intenzione? Chissà? Fatto sta che il geniale regista francese ha attraversato tutti i generi da da Nikita a Giovanna d’Arco, passando per Leon ed Il Quinto Elemento. Dal thriller alla fantascienza curvando verso lo storico religioso senza passare dal via. Basterebbero questi titoli (e questi generi) per comprendere quanto sia eclettico ed anomalo il suo percorso artistico. Criticato più volte per essere troppo americanizzato, lui che ha sempre dato un’impronta molto europea a tutto quello che ha toccato (comprese le continue produzioni tutte sparatorie ed inseguimenti), l’artista parigino ha deciso di smettere. Almeno di non tornare più dietro alla macchina da presa una volta arrivato al decimo film. Una notizia che ha dell’impossibile nonostante alcune indiscrezioni che circolano da qualche tempo su internet e sulle testate più prestigiose. Nessuno ci crede, soprattutto i suoi fan più sfegatati, quelli che negli anni gli hanno perdonato di tutto. E chissà come la prenderanno adesso che arrivato alla soglia del nono film (ma il decimo è in fase di arrivo) ha portato a termine in maniera del tutto imprevista una storia semplice, senza evidenti effetti speciali ed in bianco e nero. Si, perché, Angel-A è una favola tutta parigina senza scazzottate e sparatorie dal gusto un po’ retrò da nouvelle vague; con al centro lo strano rapporto tra un bellissimo angelo (l’altissima e statuaria modella danese Rie Rasmussen), venuto (caduto?) sulla terra a mettere chiarezza nella vita di un buffo omuncolo che ha perduto la stima di se stesso. Che questo ritorno al passato sia un modo come un altro per dirci che solo gli angeli possono salvarci dalle nostre decisioni affrettate?
E’ un caso che l’angelo in questione sia una donna? Un vantaggio è che non esistono testi ufficiali sugli angeli, quindi possiamo immaginarli come vogliamo. In questo caso mi interessava far vedere la parte femminile che c’è dentro ogni uomo. Anche perché ho sempre pensato che l’uomo è 51% di mascolinità ed il restante 49 % di femminilità. Ma è un concetto difficile da spiegare, soprattutto nei paesi latini dove il machismo è ancora una pregnante forma culturale.
Dove ha trovato la statuaria Rie Rasmussen? E’ letteralmente caduta dal cielo…(ridacchia). Veramente l’ho conosciuta a Cannes dove era venuta a presentare un cortometraggio che aveva realizzato con la mia casa di produzione. E’ stata una folgorazione tanto che le ho proposto immediatamente la parte.
Un film in bianco e nero. Non le sembra un’azzardo… Dopo vent’anni di cinema ho avuto il piacere di tornare all’essenza... un ritorno alle origini. E realizzare un film in bianco e nero è la prova evidente. Se lo avessi fatto a colori non avrebbe avuto lo stesso impatto. Sarebbe stato un film troppo terreno. Invece il bianco e nero ha di per sé quell’anima onirica che ci permettere di concretizzare l’aurea sognante che aleggia in tutto il film.
Il suo assomiglia molto a quei film francesi anni sessanta, tutti anima e cuore… Sono sempre più convinto che bisogna tornare a fare film semplici, lontani dal tourbillon degli effetti speciali e la spettacolarità a tutti i costi. Semplici ma che abbiano però delle storie da raccontare, come questa: un uomo a Parigi che non ha più nulla da perdere incontra una donna…

In questo film Parigi è protagonista assoluta… Da molto tempo Parigi non veniva ripresa in questa maniera. Ho sempre pensato che Parigi sia una città bellissima, piena di scorci impensabili. Ultimamente però è stata sempre filmata con inquadrature da cartolina. Con questo film ho cercato da renderle giustizia, darle nuovamente la sua personalità.
Un film sulle contrapposizioni, quindi… Tutto il film gioca sulla contrapposizioni: uomo/donna, angelo/demone, bene/male, bianco e nero. Quindi mi interessava analizzare la dualità che è intrinseca in tutti noi.
Si è riconciliato con la Francia che lo definisce un regista troppo americano… Per fortuna ci sono ancora francesi intelligenti che pagano il biglietto. Dall’altra parte però ci sono i giornalisti che non riescono a concepire il mio rapporto con il pubblico. La critica nasce da questo. Se faccio un film che non sia popolare non parlano di me. Ma se faccio un film come questo, con una sua poetica e una sua introspettività, vengo criticato come un autore intellettuale un po’ snob che si è montato la testa.
E’ vero che arrivato a dieci film diretti non farà più il regista? Per ora ho fatto nove film tutti differenti e credo che adesso non ho più niente da dire… Ho messo in giro questa notizia perché da sei o sette anni mi vengono proposte storie che non hanno nulla a che vedere con quello che ho in mente. Il motivo è che mi vengono proposti film sempre più costosi e complessi. Quindi mi sono dato un freno, uno stratagemma che mi serve a non cadere alle facile lusinghe a film “altamente popolari”. Con il prossimo sarò arrivato a dieci e non ho ancora deciso se recidere o meno il contratto con me stesso…
Di cosa parlerà il suo prossimo film? Si tratta di una favola di animazione piena di effetti speciali realizzata con la grafica computerizzata. Si chiamerà Artur e le Mimose e se terminato in tempo sarà in sala alla fine dell’anno.
(Venerdì 17 Marzo 2006)
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