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Dalla parte delle donne

Charlize Theron

Nel film "North Country - Storia di Josey"


di Roberto Leggio



Charlize Theron è bella anche in tuta da operaia. L'attrice, premio Oscar per il film Monster, da qualche anno sembra aver rinunciato ad essere glamour, non avendo paura di apparire sciatta e dimessa per interpretare ruoli impegnati che la affascinano. Ed ogni volta che si è mostrata brutta, prima nei panni di una serial-killer e adesso in quelli di una minatrice vittima di abusi, ha fatto sempre centro. Infatti quest'anno concorre per una seconda statuetta con il ruolo di Josey Aimes, la prima donna ad intentare (contro il parere di tutti) e vincere una causa legale contro le molestie sessuali sul posto di lavoro, è stata una vera e propria sfida. Anzi si è trattato di una prova difficile e sofferta, dove la sua bravura, ha messo sotto il microscopio “l’impossibile” convivenza delle donne con i loro colleghi maschi in una miniera del Minnesota alla fine degli anni ’80. Una storia di mobbing e molestie, ispirata ad eventi realmente accaduti, che dopo la vittoria in tribunale è diventata il porta bandiera del codice di comportamento sociale nei posti di lavoro di tutto il mondo. Una interpretazione molto coraggiosa che Charlize Theron ha calzato con molta grinta e determinazione. La stessa che qualche anno fa le ha fatto scommettere sul cinema abbandonando il suo ruolo da top model.

Perché un film contro le molestie sessuali alle donne…
Forse perché siamo compiacenti e dimentichiamo spesso. Anche perché le femministe nel ’68 non potevano pensare di risolvere tutto alzando le mani al cielo mimando la vagina e bruciando i reggiseni. Ancora oggi le donne vengono vessate e subiscono discriminazioni.

Lei è stata mai discriminata?
Mah… (ci pensa un attimo)… Mi posso ritenere fortunata. Ma so che sono in molti quelli che pensano a me come un oggetto del desiderio e non come a una persona. Molti mi spogliano con gli occhi e questo è alquanto denigrante. Devo dire però che nel mio lavoro non ho mai subito traumi di questo tipo. Ad ogni modo mi piace pensare, dico pensare, che gli studios non restino insensibili a certe problematiche femminili. Per quanto riguarda la parità dei diritti siamo ancora all’età della pietra e questo non lo accetto. Basti pensare a tutti quei gay e lesbiche che non possono ancora sposarsi negli Stati Uniti. Se non è preistoria questa! Film come Brokenback Mountain e Transamerica sono molto importanti per smuovere le coscienze. Aprono dibattiti su questioni importanti e mettono l’opinione pubblica a riflettere su certi cambiamenti inevitabili di una società civile.


Come vede il suo personaggio?
Una donna che è riuscita a portare a galla il marcio che giaceva nel fondo di un lavoro considerato per soli uomini. Teniamo presente che le donne in miniera hanno iniziato ad essere assunte quando gli uomini hanno iniziato a perdere i loro posti di lavoro. In questo senso gli operai si sono sentiti sminuiti e vedendo donne che li rincalzavano, le hanno percepite come una minaccia. Ma questo non giustifica le loro azioni. Josey, il mio personaggio, è stata la prima a portare in tribunale le molestie sessuali sul posto di lavoro. Il processo è durato quasi vent’anni ma ne è valsa la pena. Adesso le donne, in qualsiasi posto nel mondo, hanno più diritti.

Ha incontrato le vere protagoniste della vicenda?
Per affrontare il mio ruolo ho voluto conoscere personalmente le vere protagoniste di quelle discriminazioni. Frequentandole ho scoperto in loro una umanità non comune. Sono persone divertenti delle quali sono diventata amica. Dopo la visione del film da una di loro ho ricevuto uno dei più complimenti: tu ci hai ridato la nostra dignità…

In questo film lei è bravissima. Si sente già l’Oscar in mano?
La mia candidatura certifica che anche film “rischiosi” come questo alla fine vengono premiati. Ma non so quanto l’oscar possa valutare il successo o meno di una pellicola. Per il resto non mi sento ancora la statuetta in mano… anche perché contro di me ci sono colleghe molto brave.

Ultimamente lei interpreta film dove la sua bellezza viene del tutto cancellata. Lo fa apposta a mascherarsi?
Assolutamente no. Mi piacciono personaggi con un certo spessore. In Monster ero “brutta e cattiva” e mi è andata bene. Poi ho interpretato Britt Ekland nel film su Peter Sellers, che negli anni ’70 era considerata una delle donne più belle del mondo. Adesso ho appena finito di essere una vendicatrice del futuro in Aeon Flux. Nel film ho i capelli neri tagliati alla maschietto e una divisa aderente di pelle nera. Come vede non scelgo i ruoli a base al fisico. Mi piace pensare al cinema e alla moda come un attimo fuggente e per adesso me la godo. Ma ho sempre scisso il lavoro dalla mia vita privata. In quella ho altre priorità più importanti…

E’ vero che non ha mai studiato recitazione?
Si, è vero. Ho frequentato solo dei work-shop: per me recitare è facile, è come uno sfogo naturale. In genere mi affido al mio intuito e alla direzione del regista, dei colleghi e di tutti quelli che mi aiutano a capire il ruolo.

E' vero che la sua prima passione è stata la danza?
Si, la danza era la mia vera passione fin da piccola. Nella fattoria dove vivevo a Benomi, in Sud Africa non c’era molto da fare la sera: io passavo il tempo a vedere i musical americani e a sognare. Per imparare a ballare mi sono trasferita da prima a Johannesburg e poi a New York. Poi, a 19 anni mi sono rotta un ginocchio e ho dovuto abbandonare questo sogno. Allora ho comprato un biglietto per Los Angeles per provare con il cinema. Dopo un anno molto difficile ho avuto fortuna.

Dopo tante interpretazioni ha mai pensato alla regia?
Per ora no! Anzi a dire il vero non ci ho mai pensato…


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(Mercoledì 15 Febbraio 2006)


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