 Il film che ha scandalizzato Cannes Battaglia nel cielo Secondo lungometraggio di Carlos Reygadas
di Oriana Maerini E' arrivato sugli schermi italiani il film che ha scandalizzato Cannes l'anno scorso grazie alla fellatio iniziale e finale in primo piano. Stiamo parlando di Battaglia nel cielo del giovane regista messicano Carlos Reygadas. Il cineasta realizza con il suo secondo lungometraggio - dopo l'affascinante 'Japon', menzione speciale per la Camera d'oro a Cannes 2002 - un film duro e shoccante con uno stile registico molto originale.
Battaglia nel cielo è una sorta di neorealismo messicano perchè descrive la realtà sociale di Città del Messico per quello che é: un'immensa megalopoli fatiscente priva di ogni ordinamento. Siamo nei bassifondi economici ma anche morali di questa parte d'umanità.
Il film narra la vicenda di Marcos, un grasso autista di 50 anni, per racimolare un po' di soldi decide insieme a sua moglie di rapire il nipote della ricca signora per cui lavora e chiedere un riscatto. Purtroppo il bimbo muore accidentalmente e i due maldestri rapitori non sanno più cosa fare. Marcos, assalito dai sensi di colpa, decide di chiedere aiuto alla figlia della sua datrice di lavoro, Ana, una ragazza frivola che si prostituisce per svago, verso cui Marcos nutre una forte attrazione. Lui cade nella trappola sessuale e non ha altra scelta che difendere con il sangue la sua dignità.

Il film è un melodramma metaforico che usa il sesso esplicito come strumento di comunicazione. Non siamo al livello della poesia disperata di Buñuel ma il valore stilistico di questa pellicola è indiscutibile.
Il perchè dell'uso cruento dei corpi e del sesso ce lo spiega lo stesso regista: "Volevo che il sesso fosse il principale tema del film: un uomo e una donna che si prendono in una particolare intima situazione ma non arrivano a comunicare veramente. Non è pornografia, che è fatta per eccitare lo spettatore. Il sesso qui è carnale e metafisico, superficiale e profondo. Ho provato a mostrare la fellatio come un atto sessuale e un atto di fede"

Ma il vero tabù che il regista vuole mettere a nudo è quello sociale. Il film è un j'accuse contro i borghesi arricchiti e di persone che lo vogliono diventare a tutti i costi, un inno al dio denaro che governa il paese.
Stupisce che un Paese come il Messico che produce 18 film all'anno riesca a sfornare cineasti tanto geniali come Carlos Reygadas o Alejandro Gonzalez Inarritu (arrivato ormai a Hollywood dopo 21 grammi).

giudizio: * * *
(Martedì 7 Febbraio 2006)
Home Archivio  |