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 I segreti di Brokeback Mountain Il vero segreto Tanti premi al film di Ang Lee
di Piero Nussio Il vero segreto de I segreti di Brokeback Mountain (Brokeback Mountain, 2005) sembra essere il perchè raccolga tanti premi, dovunque. Intendiamoci, il film è ben recitato e ben raccontato. E questo, senz’altro, è oramai diventato una eccezione nell’odierno scadente panorama cinematografico. Ma nel mondo dei festival e dei premi si riesce a trovare ancora un po’ di buona cinematografia. Quindi, non può essere questo il motivo di tanti premi e riconoscimenti.
Secondo, il film tratta, per una prima volta con serietà, di un argomento che fino a poco tempo fa sarebbe stato rifiutato dalla maggioranza del pubblico. Anzi, è grazie al film che veniamo a sapere che negli anni ’60 e ’70 nell’America rurale gli omosessuali sovente rischiavano o subivano il linciaggio. E che molti il pestaggio lo subivano fino alla morte. Queste sono delle scoperte che, in un’Europa che ha molti difetti, ma che non pratica più il linciaggio dai tempi bui del medioevo, fanno veramente rabbrividire riguardo ai nostri dirimpettai d’oltreoceano. L’America ha un gran bisogno di recuperare la propria forza -che non si potrà mai basare sulle esibizioni muscolari- espellendo l’ondata di violenza istituzionale che l’ha contagiata, ricercando le proprie colpe passate, i razzismi praticati ad ogni livello, l’intolleranza etnica sociale e religiosa che è stata ripagata con altrettanta intolleranza e violenza. Ma, sinceramente, non credo che la ricerca di questi valori stia dietro alla messe di premi raccolti da Brokeback Mountain.

I segreti di Brokeback Mountain Un altro punto a favore del film potrebbe essere quello di un recupero del genere “western”. Come anni fa, con Soldato blu e Il piccolo grande uomo si rovesciò a favore dei nativi indiani sterminati dalle “giacche blu” del Settimo cavalleria, la mitologia del West, oggi lo si potrebbe tentare con i “rudi” cow-boy. Ma anche questa ipotesi regge poco. A rischio di essere smentito, non credo che il successo di Brokeback Mountain scatenerà una corsa al genere. La pietra tombale sul western l’hanno messa –anni fa- Sergio Leone e Sam Peckinpah, e credo che nessuno avrà più il modo di frantumarla. Peraltro, a merito del film, i due protagonisti sono omosessuali ma comunque rudi, come tutte le persone che svolgono compiti manuali e all’aria aperta. Il loro rapporto è difficile e “diverso”, ma fra regia ed interpretazione c’è una speciale attenzione a non cadere mai nel macchiettistico. Casomai, l’unico rovesciamento di prospettiva sta nella presenza dei più casalinghi greggi di pecore rispetto alle tradizionali mandrie di bovini. Quindi, i premi raccolti non sono di certo per la creazione di un genere western del 21° secolo.

I segreti di Brokeback Mountain L’America. I paesaggi umani di Brokeback Mountain sono quelli della “Corn belt”, la cintura agricola degli Stati centro-meridionali dell’Unione, quella che spesso si confonde con la “Bible belt” di Bush e degli integralisti cristiani, e con il Texas dei petrolieri e degli economisti neo-conservatori. Ma confondere è la parola giusta. Dei due cow-boy, a parte le comuni scelte sessuali, assistiamo nel film ad una notevole differenziazione, che solo gli eventi tragici non rendono evidente come sarebbe potuta diventare. Uno dei due, Ennis Del Mar (Heath Ledger), è il vero esponente dell’america rurale: povera, tartassata, paurosa, che sa come le cose vadano male e non possano che peggiorare. Sono i personaggi di Furore, di Pian de la Torilla e di tutto il resto della letteratura americana rurale delle tanti depressioni, che in John Steinbeck e in William Faulkner ha avuto i suoi maggiori interpreti letterari. L’altro, Jack Twist (Jake Gyllenhaal), è invece il piccolo americano avventuroso -che ci prova con le buone o con le cattive a tirarsi fuori dalla povertà e dalla fatica fisica- è il commerciante, il piccolo imprenditore, l’imbroglioncello che fa i soldi anche con un buon matrimonio. È il venditore di spazzole, di assicurazioni, o di trattori. Come nei racconti di Sherwood Handerson o nei romanzi di Sincleir Lewis, il più delle volte non ce la fa –e nel film meno che mai-, ma è l’ottimismo dell’americano che sgomita per farsi una qualche posizione. Tutte cose, merito del regista Ang Lee, che nel film si ritrovano. Ma che non sono così forti ad una prima visione da condizionare il giudizio dell’opera, e da fargli guadagnare tanti consensi.

I segreti di Brokeback Mountain Ci sarebbe poi un altro argomento, ed a parlarne dispiace. Nello spettacolo, da sempre, lo scandalo tira ed i temi controversi fanno audience. Anche se ora il tema dell’omosessualità (maschile o femminile) è trattato anche negli intrattenimenti tv del pomeriggio e di mezza sera, un odore di bruciato c’è ancora. La Repubblica titola, ad esempio, “I cowboy omosessuali di Ang Lee stravincono i Golden Globe 2006”, ed altri parlano di “Western gay”. Lo stesso nome geografico che dà il titolo al film si presta, probabilmente, a qualche brutto gioco di parole. Ma il film ha vinto tre Golden Globe negli USA ed il Leone d’oro a Venezia, e poi a Boston, a Dallas, i premi del cinema Europeo, a Los Angeles, a New York ed in un’altra quindicina di festival. E non è per un gioco di parole che tante giurie importanti riconoscono il valore.
Il mistero di così tanti premi rimane, per me un mistero. Bel film, senza dubbio. Ma è una storia d’amore, se non ci si vuole troppo stupire sulle preferenze sessuali e sentimentali. È anche una storia di discriminazione da parte della società. Accettata, per lo più dai protagonisti. Con i loro modi trasversali di essere nelle regole e fuori delle regole. Uno studio psicologico dei personaggi abbastanza interessante. Ma nemmeno troppo curato, se si pensa al rapporto di Ennis coi suoi figli, o ai meccanismi che hanno portati entrambi al matrimonio (di facciata?), alla vita delle rispettive mogli, delle famiglie, ai gruppi sociali nei quali si muovono. Rimane il segreto del perchè dei tanti premi raccolti.

I segreti di Brokeback Mountain C’è solo uno spiraglio, per tentare di risolvere il dubbio. Ai Golden Globe, l’altro film pluri-premiato è sempre un film sull’America di campagna: il film sulla vita del cantante country Johnny Cash intitolato -da un suo successo- Walk the line (Walk the Line - Quando l'amore brucia l'anima, di James Mangold). So poco di quel film, ma so che è una biografia del cantante ed in particolare della sua storia d’amore (eterosessuale) negli ambienti dell’america rurale. Allora, forse, è secondario che i due di Brokeback Mountain siano omosessuali e siano cowboy. Forse è importante che siano campagnoli, “country”. Nel senso che i premi potrebbero essere andati all’agricoltura, alla produzione diretta dei beni primari, al lavoro manuale, alla vita naturale. Dopo tanto software alla Bill Gates, e dopo le lodi degli yuppies di Wall Street, dopo gli interventi militari nel mondo arabo e le sconfitta commerciale con la Cina, il nuovo mito da seguire, l’obiettivo per le giovani generazioni, sarebbe dunque il rude lavoro nei campi?
Non ci credo nemmeno io che l’ho pensata, ma è l’unica idea che mi viene per tentare di svelare il mistero. Vedremo agli Oscar cosa succederà...
(Venerdì 20 Gennaio 2006)
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