 Verso la modernità Spostamenti progressivi della normalità Stiamo facendo un "passo avanti"...
di Pino Moroni L’idea mi è venuta dopo la visione di Closer (Mike Nichols, 2004) e la discussione avuta con gli amici di cinema di sempre. Allora dissi: «Ma volete fare un passo avanti?». Intendevo che il vecchietto Nichols, come per il film Conoscenza carnale del 1971, aveva fatto un passo avanti nella descrizione della vita sentimentale e sessuale delle nuove generazioni. Tradimenti, menzogne, frustrazioni, ipocrisie, perversioni, onanismi informatici, voyeurismo, massacro dei sentimenti e dei rapporti erotici.
Esemplifichiamo: una giovanissima spogliarellista disinibita, raggelante vendicatrice; una quarantenne femminista divorziata, artista depressa e menzognera; un giornalista fallito, dissociato e voyeur informatico; un dottore anche lui fallito, violento e dedito alla perversione sado-masochista.

Closer Nella corrente stagione cinematografica, con lo stesso criterio del passo avanti, ho provato a misurare due film: Broken flowers e Me and you and everyone we know. Prima sensazione è lo straniamento dei protagonisti, la loro immensa solitudine, e la ricerca quasi ossessiva di un qualsiasi rapporto. Seconda sensazione è l’impossibilità di comunicare con chi si è spostato in una dimensione diversa dalla propria, più avanti o più indietro nel tempo, nello spazio, nel costume, nel lavoro, nella vita quotidiana.
Esemplifichiamo: in “Broken flowers” un cinquantenne, scapolo, arrivato, depresso, alla ricerca –forse- di un figlio sconosciuto; una vecchia fiamma che fa l’arredatrice di armadi disordinati, con la figlia Lolita, nudista e ninfomane; una coppia di immobiliaristi presi dal culto del denaro e dalle geometrie spaziali di architettura d’ambiente; una comunicatrice di animali con ritmi di lavoro ossessivi; una comunità di ex hippies, violenti e fuori dal tempo; un giovane in fuga da casa con paure e voglie parricide; un nero con famiglia numerosa investigatore tramite informatica.
Esemplifichiamo: in “Me and you...” un bianco, commesso di scarpe, divorziato da una nera, con due figli a carico, che si brucia la mano per una qualche strana ritualità; una ragazza che fa la tassista per anziani soli e l’artista concettuale; un anziano sposato stolidamente per una vita e che si innamora di una vecchina allo stadio terminale; una passeggiata dei protagonisti dove il tempo si dilata per una vita intera fino alla morte finale; due ragazzine che fanno sesso orale per passatempo e provocano senza risultato gli adulti che capitano con scene di nudità e lesbismo; un’altra bambina che prepara pazientemente un corredo per un improbabile matrimonio; un bambino che chatta in internet ed ottiene un inutile appuntamento amoroso con una critica d’arte sessantenne.

Me and you and everyone we know Qualcuno dirà: «Gli americani, in termini di evoluzione sociale e sessuale, sono sempre un po’ più avanti». Misuriamo allora, con il metro del “passo avanti” il film italiano Ti amo in tutte le lingue del mondo.
Esemplifichiamo: un professore di ginnastica, tradito dalla moglie, che rifiuta un’allieva minorenne; un’allieva minorenne che vuole andare a letto con il professore; una villa di scambisti con la madre dell’allieva minorenne; la madre dell’allieva che fa la comunicatrice di animali e fa innamorare il protagonista; un collega del professore dedito alla perversione sado-masochista e che avrà rapporti sessuali con la di lui moglie; un frate ridicolo che confessa alla ragazzina di esserne il padre; un preside lassista e poi repressivo; il fratello del protagonista, bidello e voyeur, che commenta gli accoppiamenti con le commesse della lavanderia come se fossero in un reality televisivo.
A questo punto, possiamo ben dire che fra noi e “gli avanzati americani” non c’è poi gran differenza: anche in Italia stiamo facendo un bel passo avanti verso la normalità...

Ti amo in tutte le lingue del mondo
(Giovedì 12 Gennaio 2006)
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