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Un monumento all'amore per il cinema

King Kong

Riflessione sullo show business


di Roberto Leggio


Diciamolo subito il King Kong di Peter Jackson è un monumento all’amore per il cinema. Le parole non sono azzardate se calcoliamo che l’originale del film in questione è stato determinate per rendere il regista neozelandese l’uomo di punta del cinema mondiale. E’ noto che fin da bambino ha cercato (molto prima dei suoi “economici” film horror e della trilogia degli “anelli”) di portare sullo schermo la storia dello Scimmione che viene ucciso per amore. Una vera e propria devozione che adesso, in un miracoloso equilibrio tra vecchio e nuovo, riesce a rendere contemporaneo. Non si tratta di aver reso il più realistico possibile l’ultimo esemplare di una razza di scimmie gigantesche ma soprattutto per aver amplificato le metafore e tutti i sottotesti che già erano presenti nella versione di Merrian C. Cooper e Ernest B. Schoedsack. Oltre alla superba rilettura dell’attrazione fatale della bestia per la bella (qui ampiamente ricambiata) c’è soprattutto il linguaggio metacinematografico della vicenda. A cominciare dalla riuscitissima scena della bella che intrattiene con un balletto da vaudeville il “mostro” che dovrebbe ucciderla. Come è molto wellsiano il regista cinico e determinato a portare a termine il suo film andando a cercare “l’ultimo pezzo di mistero” per poi svenderlo per un biglietto d’ingresso. Si tratta senza mezzi termini di una amara riflessione ai limiti sullo spudorato business del “tutto fa spettacolo” che tanto inquina il nostro immaginario.



Ma il mito di Kong non è solo questo. Ricordiamoci che la scelta di replicare il prototipo è un segno forte. Un motivo per ricordarci come doveva essere la magia del cinema nel 1933, all’epoca i cui la storia (oggi come allora) è ambientata. Non per nulla l’isola dei mostri diventa il ritratto della città dove anche i grattacieli possono essere scalati come montagne. Infatti la Bestia che muore precipitando dall’Empire State Building dopo aver messo al riparo la sua amata con un ultimo sguardo eloquente è una metafora sul progresso che uccide la natura. A veder bene King Kong non è solo un film. E’ l’essenza del mistero del cinema. Per questo, nonostante le sue tre ore abbondati, è un piacere per gli occhi e per la mente. Il problema, forse, sta nel saper decodificare tutte gli spunti che Peter Jackson ha disseminato nella sua opera mastodontica. Ma anche questo (e forse lo è davvero) è cinema.

giudizio: * * * *

La storia continua...
Torna King Kong!
Terminate negli USA le riprese
Basato sul fumetto "Kong of Skull island" di Joe de Vito.

Lo scimmione alla terza reincarnazione
Il trailer di King Kong
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La foto della Bella alla prima newyorkese
Aspettando King Kong





(Venerdì 16 Dicembre 2005)


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